La calata degli Unni, le furie francesi e le proverbiali ritirate spagnole, il corredo semiotico del pasticcio e dell’inganno politico. Tutto questo è stato il Grande Salento, un’idea interessante (non certo originale) che doveva essere gestita diversamente e che si è sgretolata prima ancora di essere edificata.
Il Grande Salento è stata un’esigenza politica fondata sui pilastri geografici e culturali di un territorio assimilabile storicamente, ma la politica delle mezze calzette e dei falsi profeti l’ha ridotta a poco meno di una barzelletta. Oggi che la Regione Puglia è una madre depressa per il Salento e che le Province sono state stroncate dalla falsa riforma Delrio torna ad affacciarsi l’ipotesi del dialogo fra i presidenti della Provincia. Come fecero Errico, Pellegrino e Florido agli inizi degli anni 2000.
Oggi come allora? Ma il mondo è cambiato. Le Province erano dotate del ben dell’intelletto e del portafoglio, oggi nemmeno dei portaborse. E poi tutto il corredo imprenditoriale circostante è praticamente azzerato… Non solo per colpa della crisi, ma anche per l’insipienza e la scarsa lungimiranza di certi non meglio certificati imprenditori.
Ricordate la corsa all’oro delle emittenti radiotelevisive pugliesi che sbarcavano a Lecce per avvantaggiarsi e non certo avvantaggiare il percorso del Grande Salento? Beh, sappiamo come è finita, qualcuno è tornato a casa con la coda fra le gambe, qualcun altro ha chiuso, qualcun altro tiene duro fra cassaintegrazione e spirito di sopravvivenza. Un tonfo, una figuraccia, una vergogna insomma, perché il mito del Grande Salento era solo un mito, appunto.
Quando c’era da collaborare subito veniva smitizzato il poema epico. Quando c’era da portare la sabbia da Brindisi a Lecce andava in scena il “Salento fratello coltello”. Quando si trattò di sopprimere alcune Province e di salvarne altre infuriarono polemiche, improperi e bestemmie fra salentini, fra quelli definiti di serie A e quelli definiti di serie B. Quando si trattò di presentarsi davanti alla giuria europea che doveva decidere per la capitale della Cultura 2019, non solo Taranto, Brindisi e Lecce non fecero sintesi e non si presentarono unite, ma si sfidarono, spaccando il fronte.
Insomma il Grande Salento come esperienza è già fallita una volta. Probabilmente perché non serve il dialogo su base concettuale. Oltre all’unità di intenti serve l’unità e la solidità politica a livello centrale, serve contare a Roma e a Bari. Serve qualcosa di diverso dal “volemose bene”.
