Il caso della piccola bambina di 8 anni, originaria del Mali, ricoverata d’urgenza a Lecce, all’ ospedale Vito Fazzi, con i segni di una probabile infibulazione, ha scosso l’opinione pubblica e acceso i riflettori su una piaga sociale che troppo spesso viene ignorata: le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni forzati.
Di fronte a questa tragica realtà, l’associazione Omshea – La casa di Aisha ha deciso di agire in prima linea, lanciando un segnale forte e chiaro: queste pratiche non hanno posto nel nostro Paese.
Un progetto pilota innovativo
A partire da fine settembre, Lecce ospiterà il primo progetto pilota nazionale dedicato al contrasto di queste atrocità. Un’iniziativa pionieristica che prevede una serie di azioni concrete:
– campagne di sensibilizzazione: per informare la popolazione, in particolare le comunità a rischio, sui danni fisici e psicologici provocati da queste pratiche e sulle leggi che le vietano;
– percorsi educativi: destinati a scuole, famiglie e operatori, per promuovere una cultura del rispetto dei diritti umani e dell’uguaglianza di genere;
– supporto alle vittime: attraverso un network di servizi specializzati, per offrire assistenza legale, psicologica e sociale alle donne e alle ragazze che hanno subito queste violenze.
Un appello all’unità
“Non possiamo più tollerare che bambine innocenti vengano private della loro infanzia e della loro salute”, dichiarano da Omshea – La casa di Aisha. “Questo progetto rappresenta un primo passo importante, ma abbiamo bisogno del sostegno di tutti: istituzioni, scuole, associazioni, cittadini. Solo insieme possiamo sradicare definitivamente queste pratiche barbariche”.
Lecce vuole essere una città all’avanguardia nella lotta per i diritti umani. Il progetto pilota rappresenta una speranza per tutte quelle bambine e ragazze che vivono nel timore di subire violenze. È un invito a ciascuno di noi a impegnarsi per costruire un futuro più giusto e equo.