
Nel panorama della storia legislativa italiana, poche leggi hanno avuto un impatto così profondo sulla società come la legge Merlin del 20 febbraio 1958, una legge ‘rivoluzionaria’ che pose fine alla pratica delle case di tolleranza, le case chiuse, introducendo i reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Legata al nome della sua promotrice, la senatrice Angelina ‘Lina’ Merlin, non solo cambiò radicalmente il paesaggio urbano, ma anche la percezione della sessualità e dei diritti delle donne nell’Italia del dopoguerra.
Il Contesto sociale e politico
Negli anni ’50, l’Italia era in un periodo di trasformazione sociale e politica. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, il paese affrontava una serie di sfide, tra cui la ricostruzione post-bellica, l’instabilità economica e il fermento politico. In questo contesto, emerse anche la questione delle case chiuse. Nel 1948, anno in cui fu presentata una prima versione del disegno di legge contro il sesso in compravendita, pare fossero attivi oltre 700 casini con 3mila donne registrate. Non fu un cammino semplice, anzi. In tanti sollevarono polemiche: Benedetto Croce, ad esempio, dichiarò che qualsiasi male ci fosse nelle case di tolleranza era comunque minore che nel caso fossero state abolite. Anche Pietro Nenni, compagno di partito della senatrice, era perplesso su molti aspetti della legge.
Le Case Chiuse e la prostituzione
Le case chiuse erano istituzioni note all’epoca. In questi luoghi, le donne offrivano i loro servizi sessuali in cambio di denaro, ma per la Merlin, le leggi che fino ad allora avevano regolamentato la prostituzione potevano e dovevano essere abolite per ridare dignità alla donna. Lo scontro fra favorevoli e contrari raggiunse i banchi delle librerie. Merlin, insieme alla giornalista Carla Voltolina, moglie del futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, pubblicò nel 1955 un libro ‘Lettere dalle case chiuse’, nel quale – attraverso la prosa ingenua e spesso sgrammaticata delle lettere indirizzate dalle sfortunate ‘frequentatrici’ dei bordelli italiani – il fenomeno emergeva in tutto il suo innegabile squallore. Sul fronte opposto, c’era il giornalista Indro Montanelli che nel 1956 diede alle stampe un polemico libello intitolato Addio, Wanda!. «È bastato in Italia un colpo di piccone alle case chiuse per far crollare l’intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli: la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la loro più sicura garanzia», scriveva.
La Legge Merlin
La senatrice Lina Merlin, la prima donna a sedere nel Senato della Repubblica e la persona grazie alla quale nell’articolo 3 della Costituzione i cittadini sotto tutti uguali “senza distinzioni di sesso”, si pose come una fervente oppositrice delle case chiuse e della prostituzione organizzata. “Io voglio vivere in un Paese di gente libera: libera anche di prostituirsi, purtroppo. Ma libera”, disse con forza.
Nel 1958, presentò al Parlamento italiano una legge che vietava la gestione e la frequentazione di case di tolleranza. La legge fu approvata il 20 febbraio dello stesso anno, segnando così la fine di un’era. “Le case, i quartieri e qualsiasi altro luogo chiuso, dove si esercita la prostituzione, dichiarati locali di meretricio ai sensi dell’art. 190 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, numero 773, e delle successive modificazioni, dovranno essere chiusi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge”.
L’abolizione delle case chiuse ebbe un impatto significativo sulla società italiana. Da un lato, rappresentò una vittoria per i movimenti femministi e per i difensori dei diritti umani, che vedevano nelle case chiuse una forma di schiavitù moderna. Dall’altro lato, suscitò polemiche e resistenze da parte di coloro che sostenevano che la prostituzione dovesse essere regolamentata anziché proibita.
A distanza di decenni dall’approvazione della legge Merlin, l’Italia continua a confrontarsi con le sfide legate alla prostituzione. Sebbene l’abolizione delle case chiuse abbia contribuito a ridurre alcune forme di sfruttamento sessuale, il paese deve ancora affrontare il problema in modo completo e integrato, attraverso politiche che garantiscano la protezione e i diritti delle persone coinvolte.