59 famiglie di lavoratori a rischio, sciopero davanti alla sede di Minermix a Galatina

L’azienda, il cui principale committente è l’ex Ilva di Taranto, ha deciso di licenziare 59 lavoratori in blocco. Insorgono i sindacati.

Dopo lo stato di agitazione dichiarato dai sindacati negli scorsi giorni a Lecce, si è tenuto questa mattina lo sciopero e il sit-in dei lavoratori della Minermix davanti alla sede dello stabilimento. Al centro della protesta da parte dei lavoratori, la procedura di licenziamento collettivo decisa dall’azienda di calce e derivati. Insieme ai lavoratori che hanno protestato, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria Fillea-Cgil, Filca-Cisl e FenealUil Lecce. A sostenere la protesta, inoltre, anche la segretaria generale della Cgil Lecce, Valentina Fragassi, la segretaria generale della Cisl Lecce, Ada Chirizzi e il coordinatore territoriale della Uil Lecce, Mauro Fioretti.

Intanto, per il prossimo 6 febbraio è previsto un nuovo incontro della task force regionale: i sindacati invocano garanzie per la salvaguardia dei posti di lavoro e invitano i vertici aziendali a rivedere la propria posizione. La decisione da parte dell’azienda, il cui principale committente è l’ex Ilva di Taranto, è arrivata come una doccia fredda per i tanti lavoratori coinvolti.

“Ribadiamo il nostro secco ‘no’ alla decisione di chiudere l’attività e mandare a casa i lavoratori perché altre soluzioni sono possibili”, dichiarano i Segretari provinciali Luca Toma (Fillea), Raimondo Zacheo (Filca) e Paola Esposito (FenalUil).

“Gli investimenti che il Governo ha previsto per il colosso siderurgico di Taranto consentiranno di far ripartire anche l’indotto nel corso dell’anno, per cui non capiamo le ragioni di questa scelta di questa fuga improvvisa. Continueremo con lo stato di agitazione del personale, oggi abbiamo previsto il blocco dell’attività lavorativa per tutti i turni ed organizzato un sit-in di protesta. Auspichiamo che si arrivi a un accordo-ponte per il ricorso agli ammortizzatori sociali, ma solo per il tempo strettamente necessario a contenere questa fase di crisi aziendale, perché con l’impennata dei costi dell’energia e delle materie prime, non possiamo gravare ulteriormente su queste famiglie. Le Istituzioni siano al nostro fianco – concludono – e ci aiutino a trovare una soluzione che possa garantire il futuro di queste 59 famiglie”.



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