In vista dell’Orienta day in programma domani, 26 novembre, abbiamo incontrato suor Monica, Superiora delle Marcelline di Lecce, già preside a Milano in due istituti e coordinatrice psico pedagogica di tutte le Marcelline d’Italia.
Suor Monica, in cosa i suoi insegnanti e la sua scuola vogliono essere speciali?
Gli insegnanti devono insegnarti a cercare. Il maestro tradizionale è una figura in crisi se non si spinge ad impostare una scuola più dinamica. L’altra parola magica, insieme alla ricerca, è l’inclusione.
Cosa significa?
Che non tutti i ragazzi hanno gli stessi tempi di apprendimento. C’è un concetto di eccellenza in ognuno di loro. Non tutti devono raggiungere il 10 e lode e non tutti possiamo essere eccellenti in tutto. Bisogna capire dove risiede l’eccellenza di ognuno. E far sì che ogni ragazzo possa dare il massimo di se stesso.
Non solo la figura dell’insegnante, anche la scuola è in crisi.
I tanti episodi brutti che avvengono nelle classi e che leggiamo sui giornali ci fanno capire che il modello attuale è in crisi. La scuola non deve essere solo giudicante, ma deve essere continuamente un cantiere di ricerca.
Ricerca di cosa?
La rampa di lancio per il tuo futuro felice. Gli insegnanti devono agire immaginando che hanno a che fare con quelli che saranno gli uomini del 2030 e del 2040. I ragazzi sono profondamente segnati dalla pandemia. Dobbiamo fare di più.
Per esempio?
Alle medie abbiamo inserito il teatro. All’inizio questa scelta è stata guardata con diffidenza anche dalle famiglie, adesso ne vedono i risultati. Nella fase di passaggio dei preadolescenti, specialmente post-pandemia, è fondamentale intercettare la creatività dei ragazzi. Non basta mettere più ore di inglese ed informatica, bisogna formare gli uomini. Ed ascoltarli in questa direzione.
Qual è la giornata tipo di un vostro studente?
La scuola è aperta dalle 7.20 alle 17.45. Scuola, doposcuola, certo. Ma più lavoro in classe e meno compiti, dunque più musica, logica, informatica. Abbiamo il calcetto e il basket, la ginnastica artistica. I compiti a casa non sono l’antagonista di tutto questo. I maestri che hanno il sapere non sono soltanto quelli in classe, i ragazzi hanno tante fonti del sapere. Devono essere guidati nel capire cosa sia vero e cosa non delle tante fonti di apprendimento di cui sono circondati.
E quali sono i valori che coltivate?
Questi ragazzi hanno perso il senso dell’ amicizia ed è il valore che voglio che si sviluppi qui. Bisogna ritrovare la relazione. I bambini devono giocare, sporcarsi, inciampare e sbucciarsi le ginocchia nelle nostre pinete, bisogna portarli via dagli schermi. Bisogna riempirli di vita i bambini!
Dunque, pochi compiti? Qualcuno potrebbe storcere il naso.
A mio avviso sbaglia. Abbiamo due tipi di doposcuola. C’è quello classico, con un insegnante ogni 10 bambini. Ma non era sufficiente. Io arrivo da Milano con un’esperienza di studio per i ragazzi con problemi di apprendimento. La loro intelligenza è spessissimo al di sopra della media, ma hanno bisogno di svolgere un lavoro completamente diverso.
Sono tanti?
Oggi post Covid sì, perché abbiamo problematiche di ragazzi che pur non avendo veri e propri problemi di apprendimento hanno problematiche simili dovute ad una sorta di sbandamento post pandemia. Hanno solo bisogno di essere seguiti. Questo doposcuola, che si chiama Studi@mo, cambia la proporzione con un insegnante ogni tre ragazzi. L’abbiamo attivato lo scorso anno e siamo noi a segnalare ai genitori la necessità di lasciarci i loro ragazzi a fare i compiti con noi per un po’ di mesi. Per riprendere il passo. A volte sono solo difficoltà momentanee.