I Mondiali come un boomerang per la nazione ospitante

È il Mondiale meno mondiale di tutti i tempi, più che una manifestazione sportiva sembra essere un confronto politico. Ma questa può essere una buona notizia

Lo diciamo da sempre. Questo Mondiale, dalle mille forzature non lo voleva quasi nessuno, a parte Fifa e Qatar, eppure ci serve. Serve a tutti. Perché se non ci fosse non vedremmo l’immagine esemplare dei giocatori dell’Iran che non cantano l’inno nazionale per protesta contro il loro governo e le barbare repressioni messe in atto nelle ultime settimane. Senza il Mondiale non avremmo al centro della scena e dell’agenda la questione dei diritti umani, e non avvertiremo l’obbligo morale di esprimere il nostro dissenso verso tutti i regimi autoritari.

È il Mondiale della libertà delle donne, anzi avremmo voluto le donne arbitro e le squadre miste, fatte di scapoli e ammogliati (cosa che abbiamo visto la scorsa estate nei campionati di Atletica leggera), perché chi nega la libertà al popolo ha bisogno di esempi eclatanti e dure lezioni.

Chissà se un giorno anche in Qatar o in Arabia, o in Iran soprattutto, le ragazze potranno fare esattamente ciò che fanno i ragazzi e festeggiare magari alla maniera brasiliana, lì dove il calcio è gioia, e dove tutto profuma di autentico, con le maschere della festa sì, ma senza veli superflui.