Dal 2013 l’olivicoltura pugliese è in ginocchio, devastata da un morbo che consuma, corrode, rovina: in sei anni la xylella ha causato una riduzione del 9,5% della produzione regionale di olio d’oliva, con una perdita – solo nelle ultime tre campagne – di 390 milioni di euro di mancata produzione.
Questa terra, adesso colpita dall’epidemia, era la prima regione produttrice in Italia. Oggi del primato rimane solo l’ombra. Anzi, la produzione di olio d’oliva – questo oro che la terra salentina produceva a fiumi – nel 2018 è crollata ai minimi termini.
Non c’è cura
I dati sono forniti da Efsa (Autorità europea della sicurezza alimentare): l’agenzia dell’UE ha dichiarato che non esiste ancora un modo per eliminare la “xylella fastidiosa”, non esiste una cura contro la malattia che ha distrutto 18 milioni di ulivi su una superficie di 90mila ettari nel solo Salento. Efsa è alla ricerca di soluzioni, alla ricerca di un rimedio a questa catastrofe.
Dal momento che i sintomi della malattia si presentano con enorme ritardo, combattere la xylella non è semplice. Cosi, in assenza di cure, si cerca di procedere con il controllo degli insetti vettori e con l’applicazione corretta e tempestiva delle misure di emergenza attualmente in vigore a livello europeo. Tra queste, una delle più drastica e maggiormente contestate è la prevista eradicazione di 30 milioni di ulivi. La misura è brutale e riguarda sia gli alberi infetti sia quelli non infetti posti nel raggio di 100 metri dal focolaio di infezione.
Raccomandata da Bruxelles fin dal 2015, tale misura ha incontrato il dissenso degli olivicoltori pugliesi, i quali hanno, in maniera perentoria, eretto una barricata. I ricorsi amministrativi e altre indagini giudiziarie, hanno provocato un ritardo nell’esecuzione delle direttive tale da spingere la Commissione Ue ad iniziare, lo scorso anno, una procedura d’infrazione.
Gli studi dei ricercatori di Efsa hanno evidenziato che le aree maggiormente a rischio sono quelle nell’Europa meridionale – l’Italia in primis – e che la variante della “Xylella fastidiosa multiplex” è quella che risulta avere le maggiori probabilità di stabilirsi nel nord Europa rispetto alle altre sottospecie.
Sebbene l’Italia sia stato in questi anni il Paese maggiormente colpito, non è stato l’unica vittima del batterio della “Xylella fastidiosa”: risulta, infatti, capace di infettare oltre 500 specie vegetali in tutto il mondo. In ambito europeo, il batterio responsabile del disseccamento rapido degli ulivi è stato individuato per la prima volta in Salento. Successivamente (nel 2015) è stato individuato anche in Francia, in Corsica, in Germania. Nel 2017 è stata la volta della Spagna, in provincia di Alicante. All’inizio di quest’anno sono stati rilevati due nuovi focolai in Europa, uno in Toscana, sul Monte Argentario, e l’altro nel distretto di Porto in Portogallo. In tutte queste aree sono in atto le misure di prevenzione raccomandate da Bruxelles.
Certamente – secondo Stephen Parnell, presidente del gruppo di lavoro Efsa – non si può negare che si tratti di una sfida scientifica complessa e con molte aree di incertezza. Tuttavia la ricerca ha prodotto, negli ultimi anni, importanti risultati nella comprensione del parassita. Ad ogni modo, risulta fondamentale continuare a investire in ricerca non solo per controllare le epidemie, ma soprattutto per prevenirle.