Paola, la scultrice della pietra leccese che ama i gufi e porta nel cuore i bambini dell’acqua

‘Paola Di Credico sta seduta su una sedia davanti ad un tavolino, minuscolo’, il ritratto della giornalista albanese Klodi Meshi

Ormai, nelle città belle e meno belle, si segue la tendenza di prestare attenzione alle situazioni che provengono dalla storia antica o medioevale, palazzi e vecchie chiese ma poi…poi vince l’uomo. Nasce allora la curiosità di capire: chi sono gli abitanti della contemporaneità, chi ha costruito queste meraviglie? Non si può negare che fa impressione la categoria della gente che ti fa capire come va il mondo per via dei vestiti, delle scarpe strane oppure di quelle lucide. La maggior parte delle donne senza rughe e con capelli da show-girl, gli uomini con un’ aria sconcentrata…Non si capisce bene se sono d’accordo con le scelte della vita, tranne che con le proprie scarpe, le guardano in continuazione… Sembra che vivano bene, niente di male, tutto ok!

Non è tutto oro quello che luccica‘…Voi italiani avete un detto che misura il rapporto tra quello che brilla e quello che vale oro.

Se capiti in una piccola città, quasi di provincia, dove vedi meno gente che porta oro e pezzi costosissimi, quasi tutti uguali, privi di una cadenza precisa nel parlare, occhiali di grossa plastica ma sempre di marca, le vetrine dei negozi che raccontano poco, tranne una botta di bigiotteria di vetro e plastica, profumi forti proposti per la stagione calda, i picciotti belli e coraggiosi, le commesse e i camerieri gentili, le librerie messe negli angoli…allora la curiosità aumenta. Apparentemente è piu chiara la situazione dei ragazzi di colore che hanno sempre un comportamento orgoglioso, non si vestono con stracci e stanno sempre in compagnia della loro gente. ‘Stanno qua da un bel po’’, é la voce del sottofondo che viene accompagnata con un sorriso indecifrabile verso tutti.

Poi arriva lei. Lei é Paola di Credico, occhi grandi e azzurri, capelli lisci, per meta grigi, elegante di maniere, quasi schietta e seria di parole che escono da una bocca piccola, ai vecchi tempi veniva considerata una bella bocca; non è alta, né bassa; le sue rughe, anche quelle profonde, non hanno potuto deviare i lineamenti del suo viso, vestita da lavoro ma nulla è scontato, ha sempre un po di polvere bianca sopra gli abiti e un po’ anche sulle scarpe.

Paola sta seduta su una sedia davanti ad un tavolino, minuscolo, per lo più sotto una delle porte importanti del centro storico della città, sembra quasi non voglia dare fastidio a nessuno, lavorando pezzi di una pietra tipica del posto, la famosa pietra leccese, dando diverse forme della vita: tartarughe, gufi, cuori, diversi animaletti, come la tradizione leggera e geometrica del barocco del posto.

È pietra, vale sempre, lei con i suoi strumenti semplici, i guanti che mette e toglie ogni tanto per rendere il suo lavoro più vero, tocca direttamente, accarezza, trasmette emozioni ed energie dal suo corpo, si mostra davanti alla gente. Non inventa, ma con le sue mani esibisce ciò che apprezza dalla Natura, le creature innocenti che come tutto il resto abbelliscono la Terra.

Paola attira l’attenzione dei turisti, che con naturalezza si diverte a classificare: quelli semplici, quelli dei paesi ex-comunisti che comprano quasi subito e poi i turisti piu difficili, quelli della Vecchia Europa che fanno diverse domande, chiedono informazioni prima di scegliere.

Paola non nasconde che vorrebbe vendere di più ai suoi cittadini, ma la soddisfazione che riceve dalla bella gente di tutto il mondo, come da una famiglia della Malaysia, le fa brillare gli occhi. Gli albanesi che stanno qui comprano meno, immagino che abbiano a casa le statue di Georgio Castriota e Madre Teresa, magari vivono in spazi limitati.

Siamo a Lecce, città barocca, con una storia antica, la storia dei Messapi, una delle 72 tribù illiriche. Una delle loro caratteristiche principali? La cavalleria.

La pietra leccese è un orgoglio per i salentini, forse più che la pizzica e i balli misteriosi dei paesi intorno.

Il barocco di questa città ha una storia, riguarda l’influenza e la dominazione degli Aragonesi. Barocco spagnolo, barocco del XV secolo, i nobili spagnoli, amici dell’eroe albanese Georgio Castriota, che ha lottato proprio in Salento contro gli Ottomani qualche secolo prima. I suoi discendenti hanno ereditato i castelli, i palazzi, ma successivamente hanno costruito chiese. Ho visto San Francesco da Paola, a Gagliano del Capo, di proprietà della Regina Castriota, un balcone come i nostri castelli e tanta energia, qualche colore piu scuro, come per dimostrare l’origine del nord d’Albania, Penisola Illirica, di Re Georgio. Di questa pietra sono costruiti palazzi nobili, anfiteatri, chiese abbellite di diversi elementi dove non mancano le due aquile che volano sopra due angeli, come a San Filippo Smaldone, un santo della citta, che onorano.

Sotto uno sguardo storico, potremmo dire che si tratta di una tradizione di civiltà illirica; i saggi del posto decidevano l’organizzazione della società nei dettagli. Essi si occupavano dell’avvenire dei figli (il loro interesse era quello di farli sposare con i ragazzi fuori dal settimo grado di parentela) e delle ribellioni contro i Romani e i Greci, sotto lo scudo e il tallone dell’ eroe di Troia, Achille.

Paola, da ‘piccola’ scultrice di pietra leccese, con modestia dice che tra i suoi antenati c’erano anche scultori. Non é per caso che è lì ad amare quella pietra e ad esprimersi in quella pietra, per non sprecarla ma per trattarla con cura, come lo merita ogni cosa genuina. In un semplice bar, mi ha spiegato che, con l’intento di edificare tutta la città, la pietra leccese, tanto fragile, è stata usata per riempire e creare ornamenti sopra le mura multiculturali. Non mancano infatti gli elementi di cultura araba passati da qui, dopo la morte di Giorgio Castriota Scanderbeg, accusato da Giovanni Antonio Orsini del Balzo, principe di Taranto, di aver portato la guerra da queste parti per combattere gli Ottomani.

Paola, con un tono di voce che dimostra anche l’origine dal Nord d’Italia, mi spiega che queste strutture alla base hanno un’ altra pietra, più forte, conosciuta come carparo, pietra sempre calcarenitica marina come quella leccese, tufo e roccia magmatica, che nell’antichità era ampiamente utilizzata nella costruzione e nell’edilizia come per la costruzione delle piramidi in progressione : ‘Carparo, leggero, più leggero finché si arriva alle volte che uniscono i quattro angoli in una chiave di stella e quindi tutta la struttura’.

C’é sempre una fonte d’ispirazione, per ogni atto voluto. Per Paola è stato il ‘Giardino di Bomarzio’, a Viterbo, nel Lazio, dove le sculture gigantesche di diversi animali si attribuiscono a Pirro Ligorio, per i disegni e le sculture a Simone Moschino, mentre il castello e i dintorni appartengono alla famiglia Orsini, parte della cosiddetta ‘black nobility’.

Paola dà luce ai suoi gufi, tartarughe, stelle e cuoricini mettendo in atto la sua passione per gli elementi femminili che prende la pietra che contiene frammenti di conchiglia e madreperla, talmente tanto che ‘piú si incurva più esprime le forme delicate, i capelli e la pelle luminosa di una donna del mare’, così dice lei.

Con le persone che si dedicano al proprio talento, hai una certa voglia di dialogare, é più facile soprattutto se non sono ricchi, soprattutto se sono meno viziati.

Paola raccontandomi il suo debole per il mare, con il quale ha un legame forte, mi dice che per dieci anni, non ha avuto il coraggio di toccarlo. Perche? Perche ha visto bambini che venivano dall’Albania, in gommone, buttati in acqua. Ha visto genitori che stavano zitti quando le guardie chiedevano: ‘Di chi è questo bambino?’. Per salvarli hanno dovuto negare i propri figli… a volte gli adulti venivano rimpatriati, in Albania. Scappare e tornare in Albania, la sfida più dura, meglio morire nelle acque Italiane. I limiti di quella che per la convenzione delle parole la chiamiamo tragedia! Shakespeare non ha detto niente… Paola ha le lacrime negli occhi, prima di me, io da albanese, non so di cosa piangere prima. Non ha toccato l’acqua del mare per dieci anni!, ha fatto la sua giustizia, se l’è sentita cosi!

Piango ancora! ‘Essere forte come lei’, ho pensato, è rimasta artista e tenera e anche coraggiosa. Come ha fatto? Si é concentrata tanto su quello che le piace di piu, elaborare con le sue mani la pietra, realizzare alla perfezione gli occhi dei suoi gufi. ‘Se non dò vita a questi occhi io non faccio niente. E so bene chi sarà il cliente che comprerà un preciso gufo. Sono particolari, hanno gli occhi di pietra, ma sai riescono a guardare ovunque, come i gufi…’, dice Paola, aggiungendo che vende anche tanti cuoricini perché, anche questi, non sono piú di pietra, non sono uno spreco, ma vengono dalla natura, per prendere un posto, sopra qualche mobile o in un cestino dei ricordi della scorsa estate, per ammettere la storia di Paola che si diverte e vive di loro, ma anche di questa città che fa meno paura, quando conosci una donna come Paola.



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