
È salito, scortato da due agenti di polizia penitenziaria, al terzo piano dell’Ospedale ‘Vito Fazzi’ di Lecce. La visita a cui avrebbe dovuto sottoporsi di lì a poco è diventata per Fabio Perrone, 42enne di Trepuzzi noto alle cronache locali per l’omicidio di Fatmir Makovic originario del Montenegro, ma domiciliato nel campo rom «Panareo», “l’occasione” giusta per evadere.
Non è dato sapere se la fuga sia stata in qualche modo “pianificata” o se il detenuto abbia approfittato del momento in cui le guardie gli hanno tolto le manette per sfilare dalla fondina la pistola di ordinanza di uno dei due agenti e seminare il panico all’interno del nosocomio salentino.
Fatto è che Perrone, ritenuto un esponente di spicco della criminalità locale, prima di dileguarsi utilizzando un’auto – una Toyota Yaris grigia sottratta ad una donna sotto la minaccia dell’arma – ha ferito un agente in maniera grave e altre due persone in modo lieve.
Mentre in tutto il Salento è scattata la caccia all’uomo con gli uomini delle forze dell’ordine che stanno setacciando palmo a palmo il territorio si interroga sull’accaduto. Una è la domanda che sta tenendo banco in queste ore: «tutto questo, si sarebbe potuto evitare?».
Di certo, quanto accaduto al Fazzi, non sorprende il SAPPE il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria. La scorta partita da Borgo San Nicola, con due detenuti (Perrone ed uno straniero) e quattro agenti di scorta, per effettuare delle visite specialistiche è arrivata al Fazzi. Poiché le patologie erano diverse la scorta si è divisa: due poliziotti penitenziari per ogni detenuto e dunque almeno uno in meno rispetto alla ‘vecchia organizzazione’ delle traduzioni che prevedeva almeno 3 agenti per ogni detenuto.
«Lo abbiamo denunciato in tutti i modi possibili, abbiamo avuto incontri con autorità politiche ed istituzionali– per segnalare la gravità della situazione legata all’accompagnamento di detenuti pericolosi fuori dal carcere per effettuare visite specialistiche».
«Nell’ultimo periodo – si legge nel comunicato a firma del Segretario nazionale, Federico Pilagatti – si è registrato un aumento impressionante delle uscite dal carcere di pericolosi detenuti (turismo carcerario), per essere accompagnati nelle strutture pubbliche, anche per patologie che potevano essere curate in carcere, con tutti i rischi che ciò comporta per i poliziotti sotto scorta, gli operatori sanitari ed i normali cittadini che, rimangono poi coinvolti in caso di eventi critici, come quello accaduto oggi al Vito Fazzi di Lecce».
«Ci è stato riferito dai poliziotti penitenziari in servizio al nucleo traduzioni di Lecce – continua – che da tempo, era in piedi una polemica poiché sempre più spesso venivano inviati presso i presidi sanitari del distretto, detenuti pericolosissimi, sotto scorta, per togliere i punti, oppure un semplice catetere, o peggio ancora per una semplice storta al piede, con questi ultimi che poi al pronto soccorso camminavano benissimo».
Ultimo in ordine di tempo è stato, nelle scorse settimane, un accorato appello al Prefetto di Lecce per segnalare il fatto che circa 500mila euro di Fondi Europei stanziati dalla Regione per ammodernare le apparecchiature sanitarie nel Carcere di Lecce e curare i detenuti all’interno del penitenziario, per colpa di inadempienze stavano per essere persi. Un pericolo fortunatamente scongiurato.
«Il ministro Orlando si dimetta. E’ il peggiore che abbiamo mai avuto».Sono le parole di Leo Beneduci, segretario del sindacato di polizia penitenziaria Osapp (organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria). «Da tempo segnalavamo all’amministrazione problemi gravi – attacca Beneduci – che ci affliggono sia nell’area salentina che a livello nazionale, perché i temi sono gli stessi ovunque».
Intanto c'è preoccupazione anche nel campo rom 'Panareo' di Trepuzzi, comune originario dell'uomo. A tenere gli ospiti del campo in ansia è la presenza della famiglia di Makovic, l'uomo uccciso lo scorso anno proprio per mano di Perrone. I familiari vivono ora nel timore che l'uomo possa raggiungere la struttura d'accoglienza: 'Si, abbiamo paura che l'evaso possa ragigungerci per vendetta – affermano i residenti del campo. Dormiamo difficilmente e ogni due ore ci diamo in cambio nei turni di guardia a presidio intorno al campo. Ieri, dopo aver appreso la notizia della sua fuga, è stata una giornata che abbiamo vissuto sotto shock'.
Preoccupazione e indignazione per quanto avvenuto anche da parte di Funzione Pubblica della Cgil. "Questa vicenda è anche effetto e segnale delle condizioni in cui la Polizia Penitenziaria di Lecce è costretta a operare oramai da lungo tempo, costantemente sotto organico rispetto agli innumerevoli servizi e attività che gli operatori sono chiamati a svolgere – scrivono dal sindacato – Anche questo è servizio pubblico e riguarda la sicurezza dell’intera comunità: continuare a penalizzare e a tagliare sul settore della sicurezza non risponde a nessuna logica di risparmio se si traduce in situazioni di rischio per la cittadinanza e per gli stessi operatori della Polizia Penitenziaria, i quali quotidianamente affrontano situazioni di questo tipo, che diventano di pubblico dominio solo quando si trasformano in episodi di cronaca".