Le percentuali di biciclette a Lecce sono talmente minime che non si possono nemmeno conteggiare. A fronte di un’implementazione esponenziale dei percorsi ciclabili cittadini negli ultimi anni, i cosiddetti ciclisti non si vedono e soprattutto non impegnano le piste ciclabili realizzate con notevole sforzi e impegni finanziari.
La popolazione, sempre pronta alla critica severa, raramente sceglie di cambiare passo, perché l’uso scriteriato dell’automobile a Lecce è duro a morire. Ciò significa che per cambiare registro non basta costruire le piste ciclabili ma creare le condizioni adatte ad una circolazione economica ed ecologica, ovvero su due ruote.
A questo va aggiunta la necessità, potremmo dire l’urgenza, di un’educazione stradale degna di questo nome. Il ciclista va educato, perché, salvo casi più unici che rari, dimostra o di non conoscere o di infischiarsene di tutte le norme del codice della strada, utilizzando vie a senso unico nei due sensi di marcia (con una naturalezza da paura), passando regolarmente sui marciapiedi e attraversando comodamente in sella sulle strisce pedonali, quasi fosse a piedi.
In più merita una riflessione il tema del turismo, che in estate a Lecce riporta ormai numeri da record ma poggia ancora su una dimensione trasportistica di tipo automobilistico; vuol dire che la stragrande maggioranza dei visitatori e vacanzieri che giunge nel capoluogo salentino si muove in macchina e ha bisogno di parcheggi grandi e attrezzati che da noi non esistono, né può essere l’area dell’ex Foro Boario o del nuovo parcheggio ex Enel a soddisfare i potenziali e crescenti bisogni. L’idea di una città moderna, con un turismo sostenibile e una qualità della vita ecocompatibile piace a tutti ma siamo ancora all’anno zero. Occorre una visione che per ora non c’è. Entrare in un tempo nuovo non è mai cosa semplice. Per nessuno.