Polemiche sul negozio pakistano aperto con l’aiuto della Chiesa, i fornitori italiani ‘ci dà lavoro e ne abbiamo bisogno come il pane’

Un gruppo di commercianti italiani ha preso carta e penna per replicare a Noi con Salvini che non aveva condiviso il gesto di solidarietà della Curia leccese: ‘le attività straniere danno un po’ di respiro a noi piccoli commercianti’.

Già il nome – «prestito della speranza» – dovrebbe far capire cosa rappresenta per una persona in difficoltà che cerca di risalire la china, che vuole rimettersi in gioco. Non è facile intraprendere un’attività imprenditoriale, ancor meno se non hai garanzie, se rientri in quelle categorie di persone considerate ‘fragili’. Per questo la storia di Qasim Hasnain dovrebbe essere un esempio. Il 26enne pakistano con i 10mila euro messi a disposizione dalla Curia di Lecce ha aperto un negozio di telefonia e cancelleria, con tanto di postazioni internet e possibilità per gli stranieri di sbrigare alcune pratiche. Pochi giorni fa, nel quartiere San Pio è comparsa l'insegna 'Pakistan multiservice', ma nonostante si tratti di un evento importantissimo, a tratti eccezionale… non sono mancate le polemiche.
  
Poco importa  se nel tempo dell’intolleranza la Chiesa, per la prima volta, ha destinato un prestito ad un immigrato di fede musulmana per Noi con Salvini, ha il sapore di un “atto buonista perpetrato a discapito degli italiani”.  «Ancora una volta – aveva commentato il segretario cittadino di Ncs, Mario Spagnolo – assistiamo alla strafottenza che le istituzioni hanno nei confronti dei cittadini leccesi, delle loro necessità e dei loro reali bisogni. Parimenti aberrante, è l’oggetto del finanziamento: un bazar pakistano». Se a stretto giro era arrivata la replica di Fratelli d’Italia è quanto affermato da un piccolo gruppo di commercianti italiani che riforniscono il negozio che dovrebbe far riflettere.
 
«Volevamo solo dire al movimento di Noi con Salvini che tanto si vanta di difendere il cittadino italiano – scrivono – che proprio grazie all'apertura di quest’attività noi fornitori abbiamo acquisito un nuovo cliente che, in questo momento di crisi, non è cosa da poco». Insomma, forse si dovrebbe allargare lo sguardo per capire che al di là della vetrina del negozio, straniero o no, c’è tutto un mondo che coinvolge più persone.  
 
«Possiamo assicurare – continuano – che tutti e ripeto tutti, i prodotti vengono da rivenditori italiani, come noi. Per questo vogliamo dire al mondo della politica che non va bene penalizzare piccole attività straniere che danno un po’ di respiro a noi piccoli commercianti e che tutta questa pubblicità negativa intorno a questa attività lecita può danneggiare anche noi». 



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