Porto Turistico Otranto. De Fabrizio «si riapra il dialogo tra le parti. Subito un tavolo tecnico»

Otranto. Subito un tavolo tecnico tra Ministero, Regione Puglia, Sovrintendenza e Comnune di Otranto. èˆ questa la proposta del Presidente dell’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce, Daniele De Fabrizio

Quella del Porto turistico ad Otranto non è una vicenda nuova, anzi. Parte dal lontano 2007 quando la Società romana Condotte d'Acqua richiese una concessione demaniale marittima «per costruire e gestire un porto turistico ad Otranto» mettendo il primo mattone  per realizzare quello che per l’Amministrazione idruntina rappresentava un sogno da tempo. Anche l’attuale primo cittadino, Luciano Cariddi ha fatto del Porto turistico il suo cavallo di battaglia, consapevole dell’importanza  di un simile progetto per la città dei Martiri. Il resto è cronaca di questi giorni. Oggi sulla questione interviene il Presidente dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce, Daniele De Fabrizio che ha voluto fare un appello a tutte le istituzioni affinché si riapra il dialogo tra le parti, attraverso l'istituzione di un Tavolo tecnico.

«In medio stat virtus insegna la scolastica medievale di ispirazione aristotelica» scrive De Fabrizio ricordando come «una sentenza acquisisce un valore maggiore se al centro della questione si pone l’interesse pubblico. Che esso si intenda come opportunità di sviluppo per una comunità o come urgenza di tutela ambientale di un territorio poco cambia. È fondamentale che lo si persegua. In questo contesto, sarebbe opportuno che l’ideale greco della misura, della moderazione, dell’equilibrio si applicasse anche alla recente querelle sul nuovo Porto Turistico di Otranto».

«La diatriba sul progetto presentato nel 2007 della società romana Condotte d'Acqua Spa per la realizzazione del nuovo scalo idruntino – prosegue il Presidente dell’Ordine degli Ingegneri- nelle ultime settimane sembra aver assunto i contorni di una vera e propria guerra di trincea. Una disputa tanto aspra quanto infruttuosa se il vero obiettivo  è proprio quell’interesse comune che dovrebbe costituire la bussola di governo di una pubblica amministrazione, a qualsiasi livello, ma anche per ogni organo esecutivo di un Ministero».

«I fatti sono noti. Le posizioni divergenti altrettanto. Da una parte, si colloca quel movimento costituito dalla comunità otrantina, dalle popolazioni dei comuni limitrofi, dall’amministrazione comunale e da numerosi esponenti politici di ogni schieramento che puntano a garantire alla Città dei Martiri la realizzazione di un’infrastruttura di importanza strategica per il turismo e l’economia locale. Un intervento programmato sin dal 2007 e previsto dal Piano Regionale della Portualità, indispensabile per intercettare flussi turistici più stabili e diventare uno scalo di sosta e di transito decisivo lungo le rotte adriatiche verso Albania e Turchia. Ma anche funzionale a ripristinare la vecchia rotta Otranto-Grecia e, perché no, puntare  sui traffici delle navi da crociera. A ciò si aggiungano i 417 posti fissi per imbarcazioni da diporto medio-grandi e maxi yacht (fino a 40 metri), oltre a 80 posti per i transiti, attracchi per le navi da crociera e centinaia di posti di lavoro sia in fase di realizzazione che di gestione. Sul fronte opposto si è schierata la Soprintendenza per i Beni Culturali e del Paesaggio che sin dalla fase preliminare della Conferenza dei Servizi ha, a giusta ragione, richiesto indagini e studi approfonditi effettuati dalla “Condotte D’Acqua Spa”.

Sino allo scorso 26 aprile quando il Servizio Ecologia della Regione ha comunicato di aver ricevuto il parere negativo da parte della Direzione Regionale del Ministero per i Beni Culturali e Paesaggistici della Puglia. Il parere endoprocedimentale espresso dalla Soprintendenza al Paesaggio afferma: “ La realizzazione del previsto nuovo Porto Turistico, lungi dal valorizzare il contesto paesaggistico interessato … comporterebbe la radicale trasformazione fisica, percettiva e visiva delle aree interferite dalle opere, con il conseguente annullamento dell’identità stessa dei luoghi. Con le previste opere a terra e a mare, di fatto, si sostituirebbe l’esistente ambiente naturale di notevole e pregevole valore paesaggistico … costituito dalla continuità e compenetrazione tra mare, scogliera e immediato  retroterra costiero con un sistema antropizzato di rilevante impatto costruttivo e visivo del tutto estraneo ai luoghi, al modo consolidato di viverli, percepirli e fruirli liberamente da parte di utenti diversificati (comunità locale, turisti, pescatori, amanti del trekking, ecc)».

«Un niet – dice De Fabrizio – che ha scatenato una guerra di opinione, combattuta con le armi di dichiarazioni infuocate, manifestazioni, petizioni on line e prese di posizione politiche da una parte. Mentre, sul versante opposto, autorevolissimi intellettuali, docenti universitari e massimi esperti di urbanistica e architettura sono intervenuti a sostegno e tutela dell’organo ministeriale. E nella missiva indirizzata al presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e al Ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini hanno evidenziato come: “Il nuovo porto trasformerebbe irrimediabilmente la percezione e la vista da terra e dal mare, compromettendo il godimento del paesaggio. La fascia costiera sarebbe snaturata, come le visuali panoramiche da e verso il centro storico. Non solo di giorno, ma anche di sera e di notte, quando l’illuminazione della struttura portuale farebbe scomparire il centro storico di Otranto, i suoi monumenti, i bastioni, l’insenatura portuale storica”. Un parere che, per la sua valenza, non possiamo non tenere nella dovuta considerazione».

«Purtroppo, però, come in ogni guerra che si rispetti il recente passato fatto di tavoli tecnici e concertazione sembra dimenticato. Così come sul pragmatismo e la ragione sembra aver preso il sopravvento il radicarsi di posizioni diametralmente opposte. Sarà, forse, che quando a guidare l’opera dei tecnici e degli enti pubblici impegnati nell’analisi progettuale erano la bussola della ragione e del bene comune ogni divergenza poteva appianarsi? Sarà! Ma ad oggi, analizzando i recenti accadimenti sembra proprio che le mura di cemento armato innalzate abbiano recintato e inasprito ogni posizione.

Ecco, allora, che la sentenza medievale del In medio stat virtus può rappresentare la chiave di volta. Per questa ragione ritengo quanto mai indispensabile e non più prorogabile la riapertura del dialogo tra Comune di Otranto e Soprintendenza. Un confronto che passi attraverso la convocazione urgente di un nuovo Tavolo Tecnico intorno al quale siedano il Ministero per le Infrastrutture, la Regione Puglia (inspiegabilmente silente in questa fase) ma anche la stessa Soprintendenza e l’amministrazione comunale di Otranto. Il Salento ha urgenza di sviluppo. Ma ciò non può e non deve prescindere dalla salvaguardia del nostro territorio e di un gioiello di architettura, cultura e natura come Otranto. Uno tra i più bei paesaggi del Mediterraneo, riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Una soluzione ora può e deve trovarsi».