Care ragazze iraniane, il vostro ballo è la nostra forza

Lo facciamo tutti, fin da bambini, anche pubblicamente. Ballare è un modo per manifestare la propria identità nelle relazioni sociali. A tutti e ovunque dovrebbe essere consentito, senza vessazioni

Perché quelle ragazze non possono mostrare i loro capelli, ballare in piazza o per le strade, vestire alla moda? Perché? Non esiste una risposta intelligente, né una giustificazione che possiamo accettare, non nel 2023.
Se qualcuno crede di aderire liberamente e convintamente ad un sistema di regole di comportamento ha tutto il diritto di esprimersi in quel modo, ma se al contrario altri ritengono di non doversi rimettere a quei precetti non possono essere costretti a farlo da niente e da nessuno.
Il punto è questo, non ci si può nascondere dietro al rispetto di uno schema di fede, anche perché le ragioni storiche di questi antichi usi non sono squisitamente religiose. In Iran è fatto obbligo alle donne di vestire con lo hijab, un costume in grado di contenere e preservare la ‘soglia di dignità’ per scongiurare possibili derive peccaminose da parte di entrambi i sessi. Roba psicologicamente contorta e dannatamente forzata.
Le ragazze iraniane vivono una storia a parte, le trasgressioni sono punite dalla polizia religiosa appositamente costituita dai regimi teocratici dove potere religioso e potere politico coincidono. Il concetto di laicità non ha diritto di cittadinanza in questi mondi a parte, dove la parità tra i sessi è solo oggetto di insidiosa propaganda.
L’islam non c’entra granché, nessuno crederebbe a un Dio che impone catene e prigionie, non farebbe numeri. Anche perché la fede serve a liberare l’uomo, non a impedirgli di vivere.
È la felicità della creatura l’obiettivo del Creatore. Nelle chiese cristiane, infatti, si canta e si danza, perché la gioia è la sostanza della teologia. E allora avanti tutta verso la libertà.