‘Sud alla deriva, peggio della Grecia’. Rapporto Svimez inclemente con il Mezzogiorno

‘Un paese diviso e diseguale’ è quanto risulta dall’ultimo rapporto Svimez, con dati che evidenziano un regresso quarantennale, e tragiche conseguenze per donne e giovani che non lasciano sperare in segnali di ripresa.

Un“Sud alla deriva” è l’immagine di sintesi dell’ultimo rapporto Svimez ( Associazione per lo sviluppo dell’Industria del Mezzogiorno)  che non fa dormire sonni tranquilli ai meridionali.

Dai dati occupazionali raccolti, il Mezzogiorno risulta in calo fino al 2014, sforando i 5,8 milioni di occupati, la soglia più bassa che si sia raggiunta dal 1977. "Tornare indietro ai livelli di quasi quarant'anni fa testimonia, da un lato, il processo di crescita mai decollato, e, dall'altro, il livello di smottamento del mercato del lavoro meridionale e la modifica della geografia del lavoro”, si legge nel rapporto.

Per un incremento dei posti di lavoro pari a 88mila unità nel centro-nord, infatti, il sud ha invece subito una perdita di 45mila unità. Dallo sguardo complessivo dello studio condotto, si evince la tragica situazione di un “paese diviso e diseguale”, previsioni future poco rosee, improbabili prospettive di miglioramento per un Sud “alla deriva e che scivola sempre più nell’arretramento.”

Emblematico della grave situazione di crisi è un risultato di crescita dal 2000 al 2013, quantificabile in percentuale con un risultato dimezzato rispetto a quello della Grecia. Da qui grandi testate nazionali non stentano a rinominare il Mezzogiorno come la “Grecia d’Italia”, avviato verso un sottosviluppo permanente, conseguenza del forte rischio di desertificazione industriale che impedirebbe un aggancio di ripresa.

Ma gli effetti più drammatici del quadro attuale investono soprattutto donne e giovani. Il tasso occupazionale femminile medio nel sud Italia è fermo al 35,6% rispetto al 64% su scala Europea, laddove precipita ancor più in giù se si considera la più ristretta fascia di donne sotto i 34 anni di età.

Altrettanto infelice la situazione dei giovani, ove lo Svimez parla a riguardo di “una frattura senza paragoni”, con una perdita di 622mila posti di lavoro fra gli under 34, al cospetto di un guadagno di 234mila posti tra gli over 55.

A risentire della decrescita, naturalmente, sono anche i consumi interni, in forte calo, e la stessa spesa pubblica.
Non c’è da stupirsi, insomma, se anche le cifre del tasso di fecondità risultino nettamente diminuite e ben lontane dalla soglia del 2,1% necessaria a garantire la stabilità demografica, intaccata peraltro già dal fenomeno migratorio verso il centro nord.

Ma come biasimare le giovani coppie che sentono gravare sulle proprie spalle l’enorme, incombente rischio povertà?! Stando alle considerazioni del rapporto, lo stravolgimento demografico porterà conseguenze imprevedibili.



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