La terra del rimorso e del rimpianto. Il Salento merita una riscossa

Tra le tante difficoltà di questo tempo c’è anche la mancanza di un paesaggio attrattivo che possa riportare in alto gli indici di gradimento. Il territorio salentino va totalmente ripensato

Per il grande studioso Ernesto De Martino e la sua equipe interdisciplinare il Salento era la Terra del rimorso, così come riportava il titolo della sua opera magna dedicata alle dinamiche socio-economiche del sud della Puglia tra gli anni 50 e 60. Un monumento letterario che scorgeva le radici del tarantismo fenomeno culturale di cui, ancora oggi, facciamo memoria.

Il problema, sostanzialmente, è che il Salento è rimasto quello, con pochi slanci di modernità è una terra che rimorde il suo passato, ne disvela retroscena nostalgici e resta immobile nella sua ancestrale messicanite, per riprendere un fortunato neologismo locale coniato negli anni 80 dalla lucida penna di Domenico Faivre.

A questi congeniti limiti e ritardi si aggiunge oggi la sottrazione graduale di un paesaggio che sta perdendo terreno e soprattutto identità. La distruzione degli ulivi, gli attentati al decoro rurale, e il prodursi convulsivo di incendi, sembra dolosi, sta lasciando poche speranze alle nuove generazioni, che essendo giovani ancora non comprendono del tutto il rischio che corrono.

In fondo in un territorio che non ha industria, ma solo natura, mare e buon cibo, il turismo diventa l’unica possibilità, ma se ci pensiamo anche questo potrebbe crollare sotto i colpi di un paesaggio dimenticato e deserto.

Bisogna ripensare tutto, oggi stesso.