Torniamo a San Cataldo, orgoglio leccese

Dopo il fuoco ravviviamo la speranza. La marina dei leccesi ha bisogno di tutti. Andiamo al mare nei lidi di San Cataldo, ceniamo nei ristoranti locali, facciamo colazione nei bar del posto

“Sci Rimini è purtatu tantu all’autu, sci Ostia ni credimu ca è nnu pregiu, ma nui ca tenimu San Catautu ni nde futtimu puru te Viareggiu”, il grande Bruno Petrachi cantava così, con melodiose e poetiche strofe in dialetto locale la storia e la bellezza di un luogo tanto caro ai leccesi, almeno fino agli anni 80.

Dopo il terribile incendio dell’altro giorno che ha colpito il cuore della marina occorre un moto d’orgoglio, un sussulto popolare. Non attendiamo le pubbliche amministrazioni, non rivendichiamo tavoli istituzionali, non invochiamo provvedimenti salvifici, mettiamoci qualcosa di nostro, di piccolo, di semplice.

L’ombrellone sulla spiaggia affittiamolo a San Cataldo. Le vacanze di agosto? Facciamole a San Cataldo. Un piatto di pesce fresco? Gustiamolo a San Cataldo. Caffè e pasticciotto ‘facciamoceli’ a San Cataldo.

Abbiamo scelto luoghi più esclusivi in tutti questi anni, forse paesaggi più estremi o acque più cristalline come Otranto, Castro, Gallipoli, Porto Cesareo, ma si può anche tornare a San Cataldo, ogni tanto, perché aveva ragione Bruno, aveva ragione lui: “se ncete quarchetunu ca se lancia, a mmienzu mmare sempre ca se rrancia…”

Grazie da parte della nostra redazione a Graziano Cannoletta per le foto.



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