A Gallipoli inaugurata una stanza per l’ascolto delle donne vittime di violenza

L’iniziativa è stata realizzata nell’ambito del progetto del Soroptimist “Una Stanza tutta per sé” e si trova presso la Compagnia dell’Arma della città jonica

Si chiama “Una stanza tutta per sé” ed è il progetto del Soroptimist International d’Italia che ha lo scopo di sostenere la donna nel delicato momento della denuncia delle violenze subite e nel percorso verso il rispetto e la dignità della sua persona.

Le indagini statistiche italiane ed europee evidenziano, infatti, una bassa percentuale delle vittime di violenza che denunciano e uno degli obiettivi del sodalizio è quello di far emergere il sommerso incoraggiando le vittime a rivolgersi alle Forze dell’Ordine. Le remore e le difficoltà a denunciare sono molte, come è noto, ma è dimostrato che un luogo protetto e accogliente aiuta la donna a voler raccontare aspetti intimi della sua sofferenza.

Nella mattinata di ieri, alla presenza delle Autorità civili, militari e religiose e degli studenti del Liceo Quinto Ennio e dell’Istituto alberghiero di Gallipoli, è stata inaugurata “Una Stanza tutta per Sé” presso il Comando Compagnia Carabinieri di Gallipoli.

L’iniziativa è stata realizzata grazie anche alla collaborazione delle Associazioni della “Città Bella”: AIDO, Circolo La Fenice, Cittadinanzattiva, Fai Salento Jonico, Fidas, Fidapa, Interact, Lion’s e Pro Loco.

A fare gli onori di casa, il Comandante Capitano Beatrice Casamassa e il Comandante Provinciale dei Carabinieri di Lecce, Colonello Donato D’Amato, il quale, nel suo indirizzo di saluto ha affermato “Rinnoviamo oggi la proficua sinergia tra l’Arma dei Carabinieri e Soroptimist International Italia, nata ormai 8 anni fa per incoraggiare le donne vittime di violenza a rivolgersi alle Forze dell’ordine, sostenendole nel delicato momento della formalizzazione della denuncia.

Donato D’Amato

 

Un progetto di straordinaria importanza che – tuttavia – non riguarda soltanto le donne ma si rivolge anche ai minori e più in generale alle persone fragili, troppo spesso vittime di violenze fisiche e morali, di abusi che si manifestano tra le mura domestiche o comunque nel contesto di relazioni familiari o sociali dove l’aggressore non è un estraneo, ma una persona alla quale la vittima è legata da vincoli affettivi. Un progetto che si traduce, in sintesi, nella realizzazione di una stanza destinata alle audizioni delle vittime di violenza, dove viene riprodotto un ambiente informale, protetto e confortevole, che possa da un lato favorire un approccio meno traumatico con gli operatori delle Forze di Polizia e dall’altro sostenere la vittima trasmettendole una sensazione di empatia e accoglienza. Non è solo una questione estetica o puramente formale.

Il momento in cui una vittima entra nella stanza delle audizioni è un momento estremamente delicato (normalmente segue un episodio violento in cui è intervenuta una pattuglia): in quel momento la vittima è disorientata, disperata, terrorizzata ma allo stesso tempo è ancora incerta, non è ancora pienamente determinata nella volontà di denunciare. Volontà che improvvisamente potrebbe venir meno. È quindi un momento spartiacque fondamentale, in cui l’atteggiamento dell’operatore di polizia e l’ambiente circostante svolgono un ruolo determinante. È quello il momento in cui la vittima deve avere la certezza che non sarà lasciata sola nel suo doloroso percorso. È quello il momento in cui, anche grazie all’accoglienza della stanza in cui si trova, non può subire un nuovo trauma, non può e non deve crollare. Su questo grandi passi avanti sono stati fatti negli anni: oltre al quadro normativo che si è fatto via via più stringente, le stesse Forze di Polizia hanno affinato la preparazione dei loro operatori, specializzandoli. E poi, il progetto ‘Una stanza tutta per sé’ di Soroptimist ha contribuito in maniera determinante a creare un link empatico tra l’ambiente istituzionale e la vittima di violenza”.

Quando operiamo – ha concluso – occorre sempre ricordare che uno dei successi del nostro lavoro quotidiano è anche ciò che non accade. Non credo quindi che esista un modo affidabile per ‘misurare matematicamente” la riuscita di un progetto come quello odierno. Ciò di cui sono convinto è che i sentimenti e le emozioni che sorreggono progetti come questo animano tutti noi nella nostra quotidiana attività e sono l’unica chiave per conquistare il cuore di una donna ferita e convincerla ad affidarsi alle istituzioni, con la certezza – e questo è per tutti noi un impegno morale prima che giuridico – che non sarà lasciata sola nel suo lungo e doloroso percorso di liberazione dalla violenza”.