Stipendi da 400 euro, sospensione dei contratti a tempo indeterminato, assenza di ammortizzatori sociali nei mesi estivi. E una condizione di disagio che si fa protesta. Sono pronte le mobilitazioni dei Cobas in favore dei lavoratori dell’integrazione scolastica: insegnanti, educatori e operatori socio sanitari che affiancano gli studenti disabili degli Ambiti territoriali del Salento e della Provincia di Lecce e che da mesi sono sul piede di guerra, a causa delle precarie condizioni lavorative. Dopo i sit-in di protesta che lo scorso 12 marzo hanno portato i lavoratori ad incatenarsi simbolicamente sotto il palazzo di Regione, è stato proclamato lo stato di agitazione per quello che i sindacati descrivono come una forma di “caporalato moderno”.
“Per il numero di ore assegnate che vengono ridotte sempre più, dalle regole dettate dalle cooperative che tagliano i già miseri salari, con sospensione del lavoro che non viene retribuito durante i mesi estivi ed altro ancora”, annota Giuseppe Mancarella, dei Cobas Lecce, in una missiva destinata- tra gli altri – al Presidente della Regione, Michele Emiliano, e agli assessori Sebastiano Leo e Rosa Barone. Colpevoli, secondo i sindacati, di non avere mantenuto la promessa di convocare un tavolo tecnico per discutere le modifiche da apportare al modello d’integrazione scolastica pugliese, eccessivamente indulgente nei confronti delle cooperative e poco incline al rispetto dei diritti dei lavoratori, stando all’accusa dei Cobas.
Le proposte sul campo sono varie: i sindacati spingono per il superamento della gestione del servizio di integrazione scolastica da parte delle cooperative con la costituzione di una società pubblica, una società in house che inglobi le diverse figure di sostegno presenti nella scuola. E chiedono la convocazione imminente di un tavolo tecnico, per capire come la Regione abbia intenzione di organizzare il servizio di integrazione alla vigilia del nuovo anno scolastico.
Intanto, in assenza di risposte dai vertici della Regione, sono pronte nuove mobilitazioni sotto la sede del Consiglio Regionale. “È necessario un riconoscimento della figura professionale a 360 gradi, perché – chiudono – non è ammissibile nel 2021 percepire una retribuzione così offensiva in palese violazione della Costituzione e nello specifico dell’art.36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
