«Tutto crolla, tranne noi». Impossibile risalire all’autore della poesia, scritta in dialetto, dedicata a Genova. Una città ferita, ancora stordita dopo la tragedia del ponte Morandi.
14 agosto 2018 – Il giorno in cui Genova si fermò
Era il 14 agosto 2018 quando il viadotto di Polcevera crollò improvvisamente, come se fosse di carta. Le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 11:36 quando la struttura – “ammirata” per la sua architettura che ricordava il ponte di Brooklyn – ha ceduto, trascinando con sé veicoli, vite e storie. La conta si fermò a 43 morti: amici diretti in Spagna, turisti stranieri che avevano scelto la Sicilia, lavoratori, fidanzati, perché quella del cavalcavia sulla A10 è anche una storia di amori spezzati.
Inghiottita dal cemento anche un’intera famiglia: mamma, papà e il piccolo Samuele, di appena 7 anni, uno dei primi ad essere ritrovato dai soccorritori nell’auto, ormai ridotta ad un ammasso di lamiere accartocciate. Il telefonino squillava ancora, ma nessuno ha avuto il coraggio di rispondere: dall’altra c’è una nonna, disperata, che aveva appreso la notizia dai telegiornali.
La pioggia cadeva fitta su Genova quella mattina d’agosto. “Sembrava un terremoto”, diranno in tanti. Sirene, urla, passi affrettati, mani che scavavano tra le macerie prima ancora dell’arrivo dei soccorritori.
Il bilancio amaro: i vigili del fuoco e la protezione civile hanno continuato a scavare, giorno e notte. Ininterrottamente in una lotta contro il tempo e la speranza.
Genova, intanto, si stringeva. Strade e quartieri diventavano rifugi, porti di umanità. In mezzo al dolore, qualcuno portava caffè caldo, altri coperte asciutte; nessuno restava spettatore.
Oggi il nuovo viadotto, il Ponte San Giorgio, attraversa lo stesso punto. È elegante, moderno, sicuro. Ma chi lo attraversa sa che sotto quell’acciaio e quel calcestruzzo c’è un ricordo che non si cancella. Il 14 agosto 2018 resta inciso come un giorno in cui il tempo, per Genova e per l’Italia, si fermò sotto un cielo di pioggia.
La poesia
Quello che è successo alla vigilia di Ferragosto, non lo scorderà mai nessuno. Tutto il mondo si è unito a Genova come dimostrano i messaggi di solidarietà giunti da ogni angolo del pianeta. Uno, in particolare, ha fatto il giro del web. Una poesia scritta dopo il crollo per i cittadini genovesi, accompagnata da una foto – due tifosi del Genoa e della Sampdoria, uno accanto all’altro, con le braccia allungate per unire le due parti del ponte crollato – che vale più di mille parole. Dolore e speranza, c’è tutto…
«Crolla un ponte. Crolla una strada. Crollano i nervi di chi, consapevolmente, pensa:”avrei potuto essere li”. Crolla una città, ora più isolata. Crolla la sua economia, fragile ed insicura. Crolla la fede nel cielo, nel destino, nella vita. Crollano le braccia di chi sta spalando, crolla, pesante, lo sconforto sulle nostre spalle. Tutto crolla, tranne noi. Gente dura, inospitale, musoni e testardi per chi non ci conosce. Lavoratori, camalli, portuali, carbonai. Artigiani, banchieri, capitani e marinai. Agricoltori sulle rocce. Superbi, orgogliosi. fieri. Insiste, inutilmente, il cielo sulla nostra città che da acqua, fango, macerie e bombe, ne è sempre uscita. E allora che cominci, Genova, domani sarai ancor più bella».
