Una vita spesa per il loro paese: esempi salentini di senso civico nella città di Alezio

Abbiamo deciso di raccontare una piccola parte della grande storia di due uomini eccezionali, due cittadini d’oro che hanno suscitato ammirazione e stupore perfino in Papa Wojtyla e in Santo Pio per la dedizione verso la propria città natale.

Sono amati da tutti i loro compaesani e stimati dalle istituzioni due fratelli, maestri di civiltà e di attaccamento alla propria terra. Una storia bellissima quella di Gigi e Giovanni, gemelli classe ’46 che sentirono germogliare il desiderio di rendere più bello il paese già quando, da  ragazzini, giocavano sul sagrato della Chiesa della Lizza sotto lo sguardo vigile della mamma.

Lo fanno per senso civico e per devozione, gratuitamente e senza guanti perché amano il contatto con la terra rossa di Alezio. Hanno 70 anni anni e fanno parte di quella generazione educata che saluta togliendosi il cappello e che porge gli ossequi. Sono Cavalieri non solo per titolo ma anche per nobiltà d’animo questi due uomini che coltivano nel loro giardino tantissimi fiori, puntualmente, donati al paese.

Lo fanno da prima che la politica più intraprendente lanciasse la moda delle ‘aiuole adottate dai cittadini’, lo fanno senza grilli per la testa e senza secondi fini, l’unica gioia che traggono da tutto questo sudore regalato alla comunità è nei commenti dei passanti che, davanti ai cespugli colorati che curano, non possono far altro che sorridere.

Con la loro panda rossa corrono dal Sagrato della Chiesa della Lizza alla Piazzetta di Padre Pio, da Casa Betania alla Caserma dei Carabinieri e sono una risorsa preziosa invidiataci da tutti i paesi limitrofi.

I Gemelli Stefanelli sono aletini  innamorati follemente della Città Messapica  tanto da prenderesene cura da oltre quarant’anni con la devozione che si è soliti riservare ad un figlio. Sono custodi di storie antiche e di segreti della tradizione contadina che hanno rinvigorito terreni arsi dati per esauriti, finanche il Vaticano ha conosciuto la loro mano salvifica. Fu  l’onorevole Rocco Buttiglione a restare tanto ammirato dal tripudio di verde curato dai Gemelli da invitarli a prendere visione di un giardino vaticano che nessun agronomo romano era mai riuscito a recuperare dal decadimento.

Gigi e Giovanni partirono così alla volta di Roma ed ebbero l’opportunità di intrecciare un rapporto di affetto e confidenza con Papa Giovanni Paolo II, nato Wojtyla. Ci raccontano dell’emozione provata ritrovandosi per la prima volta al cospetto del Pontefice, nella sala conciliare. “Difficile spiegare  quei momenti, sentimmo come un calore mistico che ci fece prostrare e proseguire il nostro cammino verso il Santo Padre in ginocchio.”  sussurrano con gli occhi lucidi.

I Gemelli riuscirono poi a trasformare effettivamente la zolla di terra bruciata affidatagli in un piccolo giardino dell’Eden  guadagnandosi così l’ammirazione del Papa e dei suoi ausiliari. Pare anche che uno dei componenti dello staff pontificio si fosse espresso dicendosi sorpreso che anche nel meridione d’Italia ci fosse gente così dedita al lavoro. "A quel punto non potevo stare zitto portandomi nella tomba quanto avevo bisogno di ribattere” dice Giovanni  “non mi trattenni dunque e feci notare come  la gente del Nord e del Centro Italia vivesse  grazie all’operato della gente del Sud.  Sulle tavole di tutta Italia, a quei tempi, arrivavano i prodotti agricoli che si coltivava nel Mezzogiorno e, messo davanti a questo ragionamento,  lo stesso Papa non potè fare a meno di  darmi ragione!”.

Gli incontri importanti però erano già iniziati negli anni ’60, ricorda Giovanni.
“Nel 1962 mia madre mi disse di andare a San Giovanni Rotondo poiché era di passaggio un monaco solito a fare miracoli. Si trattava di Padre Pio. Io ci andai e mi confessai con lui, mi chiese che lavoro facessi e quando gli dissi che ero un contadino pazzamente innamorato della terra lui,  prendendomi la mano, mi consigliò di non abbandonare mai le mie mansioni perché sarei riuscito in grandi cose.”

Il riconoscimento ufficiale del lavoro decennale di questi encomiabili cittadini non è mancato, sono stati infatti insigniti dal Presidente della Repubblica dell’onorificenza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana,  Giovanni nel 2008 e Gigi tre anni dopo.

Una bella soddisfazione ma sembra comunque troppo poco se si pensa che quello che fanno questi due uomini non è solo un servizio reso all’intera cittadinanza, ma è anche e soprattutto una speranza che rende il futuro un’idea più confortante, un messaggio importante da trasmettere ai più giovani così che ne traggano ispirazione.

“I tempi sono cambiati: i nostri avi hanno fatto sacrifici, andavano a letto diguni ma con dignità. Hanno vissuto la guerra, i lutti, la fame e la carestie. La gente di oggi è diversa, pretende di guadagnare tanto lavorando poco. Le famiglie erano diverse, le persone si aiutavano e condividevano quel poco che avevano. Anche la scuola è cambiata, le maestre rischiano di essere denunciate dai genitori per una parola di troppo. Quando eravamo bambini noi la Maestra Cia ci puniva con ‘La Pisàra’, una penitenza che prevedeva di inginocchiarsi sulle pietre con dei pesi sulle spalle e nessun genitore si sognava di protestare, certamente una pratica crudele ma ciò rende l’idea di quanto le cose siano cambiate. Bisognerebbe vivere come una catena fatta di anelli che lavorano per le generazioni che verranno e invece tutti volgiono tutto e lo vogliono subito.”

Anche ergere un monumento per omaggiare uomini di tale tempra non sarebbe abbastanza, il modo migliore per rendere grazie dell’infinito amore che nutrono verso Alezio è forse seguire le loro orme provando a mettere al servizio della comunità ognuno le proprie competenze usando la loro stessa disarmante umiltà.

Grazie Gemelli Stefanelli,  grazie Cavalieri. Grazie di cuore.
 
di Armenia Cotardo



In questo articolo: