“Verso il 21 marzo… Capaci di ricordare” a San Sabino si parla di Legalità con i giovani

All’iniziativa hanno partecipato il Comandante Provinciale dei Carabinieri e il il coreferente regionale dell’Associazione “Libera”, Valerio D’Amici

Si è svolto sabato 09 presso la parrocchia di San Sabino, il secondo incontro del percorso “Verso il 21 marzo… Capaci di ricordare. Crescere insieme tra memoria e impegno”.

All’iniziativa è  intervenuto il Comandante provinciale dei Carabinieri Donato D’Amato,  che ha esortato le ragazze e i ragazzi a non aspettare di entrare nel mondo degli adulti per parlare di legalità perché questa è costituita da rapporti interpersonali, è innanzitutto dialogo con se stessi perché è sempre una questione di scelta, ma una scelta consapevole che non deve essere dettata dalla paura della sanzione: “Sogno un mondo in cui non ci sia bisogno dell’Arma dei Carabinieri perché tutti rispettano le regole” ha dichiarato.

In rappresentanza dell’associazione Libera ha preso la parola il coreferente regionale, Valerio D’Amici, che ha sottolineato l’urgenza di uscire dalle mura delle Istituzioni, mischiarsi, collaborare per contrastare la criminalità e contemporaneamente costruire legami nuovi, un futuro diverso, partendo dal presente, da incontri come questo. “Non dobbiamo costruire solo legalità, dobbiamo riempirla di diritti, dignità, giustizia sociale, servizi, opportunità, con il contributo di tutti, per arrivare a superare i confini e mettere in comune le energie”.

Molto attesa la toccante testimonianza di Pinuccio e Lella, genitori di Michele Fazio. Michele era un ragazzo barese di quindici anni, generoso, ottimista, entusiasta della vita. Il 12 luglio del 2001, mentre stava tornando a casa dalla propria famiglia, all’improvviso sente degli spari, sono attimi: un proiettile gli perfora il cranio e lui cade riverso per terra.

Nella sua toccante testimonianza Lella ci tiene subito a demolire uno stereotipo: “si è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato”; ma non poteva essere Michele, un ragazzino che stava rientrando a casa per cenare con la propria famiglia a essere nel torto. Poi si è rivolta alle mamme presenti nel salone parrocchiale: “Io ancora adesso cerco perdono perché per tanti anni ho chiuso gli occhi, sono stata omertosa per paura. Non fate come me, non dite mai ‘non sono fatti nostri’ perché tutto ciò che ci circonda ci riguarda tutti; se vogliamo dare un futuro ai nostri figli dobbiamo collaborare e non voltare mai lo sguardo dall’altra parte”.

Il coraggio e la perseveranza di Pinuccio e Lella ha rotto il muro di omertà, silenzio, paura, connivenze seguito alla morte innocente del figlio per creare quella memoria collettiva di cui non solo Bari, ma ogni città che protegge i propri figli deve riappropriarsi. Lella e Pinuccio hanno deciso di restare a Bari vecchia, nella loro casa, in quei vicoli. A testa alta, perché la loro presenza deve testimoniare ogni giorno che lo Stato c’è e bisogna rispettarlo.