Xylella, reimpianti e rimpianti. Il governo italiano contro la diversificazione colturale in Salento

Si apre un nuovo capitolo di polemiche sulla questione dei reimpianti nelle zone colpite dalla Xylella e sulla possibilità o meno di utilizzare specie diverse dall’ulivo. La riflessione di Ilenia Falco.

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I ministeri dei Beni Culturali e dell’Ambiente vogliono bloccare per incostituzionalità la norma di bilancio emanata dalla regione Puglia per salvare l’area infetta da disseccamento rapido dell’ulivo, comprendente la provincia di Lecce e parte di quelle di Brindisi e Taranto.

La norma in questione è contenuta nell’articolo 26 del Bilancio regionale e prevede la liberalizzazione della diversificazione colturale nel Salento, cioè la possibilità di reimpiantare specie diverse dall’ulivo, rispettando le dovute deroghe dei vincoli paesaggistici e ambientali. Ma i due dicasteri obiettano che, in base a quanto stabilito nel Codice dei Beni Culturali, la deroga ai vincoli è possibile solo per il reimpianto di ulivi su ulivi espiantati. Infatti, il ministro Sergio Costa ha chiesto al premier Conte di impugnare la norma regionale proprio nella parte in cui consente di poter impiantare alberi diversi dall’ulivo.

A tal riguardo è intervenuto anche il sottosegretario delle politiche agricole Giuseppe L’Abbate: «Il governatore Michele Emiliano sa perfettamente che la norma nazionale sull’autorizzazione paesaggistica per il reimpianto delle specie arboree in area colpita dal batterio Xylella fastidiosa in Puglia non può essere modificata con una legge regionale». «Peraltro – aggiunge L’Abbate – la liberalizzazione al reimpianto c’è già. Nel 95% di tutto il territorio del Salento colpito da Xylella gli agricoltori possono reimpiantare specie diverse dall’olivo. Il divieto riguarda esclusivamente il restante 5% del territorio, interessato da vincoli paesistici, su cui a noi non risulta, sia stata fatta alcuna richiesta di reimpianto di specie differenti». «Quindi in definitiva – conclude il sottosegretario – parliamo di una norma incostituzionale dal punto di vista tecnico e inutile da quello operativo perché gli obiettivi che si prefigge di raggiungere sono realtà già oggi».

In difesa della politica regionale è scesa in campo la Coldiretti Puglia, che chiede un incontro urgente con la Regione, in quanto si rischia lo stallo dei 300 milioni stanziati dal Piano per la ricostruzione del Salento, che andrebbero in fumo senza i necessari provvedimenti ordinamentali nazionali, vanificando progettualità e finanziamenti per la diversificazione delle filiere agroalimentari. Secondo i dati della Coldiretti, la Xylella solo in provincia di Lecce ha distrutto tre quarti della produzione di olive causando un crollo del 73% della produzione di olio d’oliva solo nell’ultimo anno. Per queste ragioni, il presidente Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, si appella al Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, affinché la richiesta di impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale avanzata dal Ministero dell’Ambiente non venga accolta, perché sostiene: «Obbligare il Salento al reimpianto di soli ulivi resistenti, lo condanna ad una monocoltura, con il rischio che un virus o patogeno alieno azzeri il patrimonio produttivo del territorio, come già avvenuto con la Xylella».

In realtà, la giunta pugliese lo scorso novembre aveva siglato un protocollo d’intesa con il ministero delle Politiche Agricole e con il Mibact, per aprire la possibilità di impiantare specie resistenti come il Leccino e quella classificata come Fs 17, in deroga ai vincoli paesaggistici e ambientali. Successivamente, per ricostruire il territorio e l’economia delle zone colpite, si è cercato di andare oltre, per esempio con l’impianto di mandorli e fichi. A questo punto, i due ministeri hanno maturato una posizione contraria sull’ulteriore passo in avanti, attenendosi al Codice dei Beni Culturali e allo stesso protocollo firmato in precedenza.

Dunque, la regione Puglia e la Coldiretti non vogliono bloccare la norma perché credono sia necessario liberalizzare i reimpianti con adeguata diversificazione colturale affinché le zone colpite dalla Xylella possano risollevarsi, mentre lo Stato sostiene che ciò non può esser fatto perché in contrasto con la Costituzione.

Viene da chiedersi, aldilà di chi abbia ragione o meno sulla questione della costituzionalità, se per il Salento la soluzione di optare per la coltivazione di piante diverse dall’ulivo sia un bene a lungo termine, in fin dei conti andrebbe a perdere comunque quella tipicità che lo caratterizza, lo valorizza e lo contraddistingue in tutto il mondo.



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