
"La spesa per l'acquisto in leasing è riportata nel bilancio". L'ex dirigente del servizio economico del Comune di Lecce, Giuseppe Naccarelli si è difeso così, nel processo sull'affaire delle palazzine di Via Brenta che lo vede protagonista, assieme ad altri sette imputati.
Secondo l'accusa, partecipò alla "manovra" con cui il Comune acquistò in "leasing" due immobili di Via Brenta, "snaturando" l'iniziale contratto di affitto.
Giuseppe Naccarelli, difeso dagli avvocati Stefano De Francesco e Francesco De Iaco, per avvalorare invece, la sua tesi ha rilasciato dichiarazioni spontanee, "esibendo" innanzi al collegio della seconda sezione penale, presieduto dal dr. Pasquale Sansonetti, lo stralcio di bilancio del 2006, da cui risulterebbe che la spesa per l'acquisto in leasing fosse riportata. Lo stralcio è stato acquisito, ma il tribunale ha sollecitato le parti a esibirlo per intero nel corso del processo, al fine di verificare le circostanze.
Successivamente sono stati sentiti altri tre testimoni che hanno sostanzialmente confermato quanto già dichiarato in precedenza. La prossima udienza è stata fissata per il 22 aprile, data in cui verranno ascoltati gli altri testi del pm Antonio De Donno.
Ricordiamo che vi fu un primo processo, conclusosi il 20 maggio 2013, giudice monocratico dr. Stefano Sernia, che si concluse con la condanna di Naccarelli a tre anni (per il reato di falso) e stabilì l’interdizione dai pubblici uffici per cinque. Furono assolti dallo stesso reato, invece, Piergiorgio Solombrino, ex dirigente dell'ufficio tecnico e Roberto Brunetti, tecnico dell'ufficio Patrimonio di Palazzo Carafa. Durante quell'udienza si assistette poi ad un colpo di scena. Il giudice evidenziò come un altro reato, quello di truffa contestato dalla pubblica accusa non fosse configurabile, riqualificandolo in concorso in abuso d’ufficio e peculato. Per esso, non era competente il tribunale monocratico ma quello collegiale. Secondo il giudice Sernia, infatti, non era possibile che Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del servizio finanziario del Comune di Lecce, avesse agito all’insaputa dell’ex primo cittadino.
Fu così istruito un nuovo processo con una personalità illustre dell’amministrazione comunale leccese: l’ex sindaco Adriana sindaco Poli Bortone ma anche, oltre allo stesso Naccarelli: Massimo Buonerba, l'ex consulente legale della Poli; Ennio De Leo, ex assessore al Bilancio del Comune di Lecce, Pietro Guagnano, legale rappresentante della Socoge; Maurizio Ricercato e Fabio Mungai, rispettivamente amministratore delegato e dirigente della Selmabipiemmee Vincenzo Gallo, funzionario della stessa.
Nell'udienza del 10 luglio 2015, il collegio della seconda sezione penale di Lecce (Presidente Pasquale Sansonetti, a latere Michele Toriello) si è riservato sulla richiesta di trasferire l’istruttoria a Milano, dove secondo la difesa si sarebbe consumato il reato di abuso d’ufficio e non di peculato, così come invece contestato nel capo d’imputazione. Nel corso di questa prima udienza poi, i giudici hanno accolto la costituzione di parte civile di Comune di Lecce, difensore Andrea Sambati, invocando un risarcimento di 600 mila euro e della Selmabipiemme.
Inoltre, nell'ottobre scorso, venne confermata anche in Appello, sebbene con una riduzione di pena, la sentenza di condanna per Giuseppe Naccarelli. L’ex Dirigente è stato condannato a 2 anni e 3 mesi per il reato di falso (il pg D'Amato aveva chiesto 3 anni, come in primo grado), poiché per alcuni episodi relativi a questa ipotesi di reato, l'imputato è stato prosciolto dall'accusa. È stata anche annullata per Naccarelli, l'interdizione per cinque anni, dai pubblici uffici. La Corte d'Appello ha poi accolto la richiesta di risarcimento formulata dal Comune di Lecce, mentre ha rigettato quella della SelmaBipiemme.
La vicenda giudiziaria fa riferimento ai fatti iniziati nel 2006, quando il Comune di Lecce acquistò in "leasing", due immobili di Via Brenta, "trasformando" un'iniziale contratto di affitto, in uno di leasing, impegnandosi a versare un canone di due milioni e mezzo l’anno per oltre venti anni e una cifra di 14 milioni per il riscatto finale dei due immobili. Secondo l’accusa, quella operazione fu chiusa a un prezzo superiore rispetto a quello di mercato, a tutto vantaggio del costruttore edile Pietro Guagnano, titolare della Socoge (dalle indagini risulterebbe che egli si trovasse in condizioni economiche precarie) e del venditore, la finanziaria milanese Selma Bipiemme.
Il burattinaio che muoveva i fili della vicenda, sarebbe stato Buonerba, con il beneplacito dell'ex primo cittadino di Lecce, Adriana Poli Bortone. Il danno subito dal Comune di Lecce per questa operazione sarebbe stato di tre milioni e 401mila euro.