Ampliamento de “L’Approdo di Enea” di Porto Badisco, quattro persone a processo

Dovranno presentarsi il 4 marzo prossimo dinanzi ai giudici della seconda sezione collegiale, per la prima udienza.

Quattro persone finiscono sotto processo per i presunti abusi, in odor di falso, relativi all’ampliamento de “L’Approdo di Enea” di Porto Badisco.

Il gup Cinzia Vergine, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio Giuseppe Tondo, 65enne di Otranto, Responsabile del Settore Ambiente ed Emanuele Maggiulli, 52enne di Muro Leccese, Responsabile dell’Area Tecnica. I due sono assistiti dagli avvocati Pietro ed Antonio Quinto.

Non solo, anche Salvatore Fruini, 71enne di Minervino di Lecce, titolare della ditta che ha gestito il bar-ristorante fino al 2009 e il figlio Luigi Fruini, 33enne, gestore del bar-ristorante a partire dal 2009. Entrambi sono difesi dall’avvocato Luigi Corvaglia.

Dovranno presentarsi il 4 marzo prossimo dinanzi ai giudici della seconda sezione collegiale, per la prima udienza. Gli imputati rispondono delle accuse di abuso d’ufficio e di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

La difesa ha sollevato, nel corso dell’udienza odierna, la questione della prescrizione per alcuni episodi contestati. Tesi non condivisa dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, presente in aula. Il giudice, al termine della camera di consiglio, ha disposto il rinvio a giudizio per tutti.

Occorre ricordare che nei mesi scorsi, il gup Edoardo D’Ambrosio aveva già rinviato a giudizio Tondo e Maggiulli, per episodi successivi al 2014. Adesso, i fascicoli dovrebbero essere riuniti in un unico filone processuale.

L’inchiesta

L’inchiesta ha fatto luce su una serie di autorizzazioni e certificati di agibilità, considerati illegittimi, a partire dal 2009. Riguardo la posizione di Tondo, veniva contestata solo un’autorizzazione del 2016, riguardante lo scarico delle acque reflue.

Ad ogni modo, i due dirigenti comunali avrebbero attestato falsamente che la struttura fosse precaria ed amovibile. Inoltre, sostiene il pm, sarebbe stato consentito ai gestori di ampliare la struttura, violando gli strumenti urbanistici in vigore entro i 300 metri dal mare, senza ottenere i nulla-osta sui vincoli paesaggistici ed idrogeologici.

La Procura ritiene poi che il Comune di Otranto avrebbe dovuto annullare i permessi rilasciati illegittimamente, in autotutela. Non solo, poiché avrebbe dovuto emanare degli ordini di demolizione e di ripristino dei luoghi. Infine, viene contestata l’omessa comunicazione alla Prefettura del bar-ristorante, nell’elenco delle opere non sanabili.



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