I legali di Andrea Guido presentano ricorso in Cassazione: “Speriamo di poterlo riportare in libertà come merita”

L’ex assessore comunale da oltre due mesi è sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di corruzione, con l’aggravante mafiosa.

“Avverso il provvedimento del Tribunale della Libertà abbiamo proposto tempestivamente ricorso per Cassazione, ed in più ci accingiamo a presentare istanza di revoca di misura al Gip che ha emesso la misura, sulla base delle indagini difensive assunte nell’interesse di Andrea Guido, ma soprattutto in virtù delle contraddizioni emerse dai provvedimenti del più volte citato Tribunale del Riesame”.

Sono le dichiarazioni degli avvocati Ivan Feola ed Andrea Sambati, difensori dell’ex assessore comunale Andrea Guido, da oltre due mesi sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, per il reato di corruzione, con l’aggravante mafiosa.

I due legali, attraverso una nota congiunta, affermano: “Gli elementi posti a sostegno della citata ordinanza sono rappresentati unicamente da alcune intercettazioni telefoniche che riportano conversazioni fra soggetti terzi, che non vedono mai il Guido tra gli interlocutori; né sono indicati tempi e modi della asserita consegna del denaro, che sarebbe oggetto della contestata corruzione”. E continua la nota: “Avverso l’ordinanza cautelare, abbiamo proposto istanza di riesame al Tribunale della libertà di Napoli, il quale – dopo pur non breve approfondimento (il provvedimento è stato depositato dopo circa 40 giorni dall’udienza) – ha confermato in toto gli argomenti del Gip, ignorando completamente le considerazioni che sommessamente ci eravamo permessi di sottoporre alla attenzione del Collegio”. “Ma la parte del provvedimento di riesame che desta maggiore stupore, affermano i due legali, è quella relativa alla sussistenza della citata aggravante. Ed infatti, a questo proposito, si sostiene che il Guido sarebbe stato consapevole della mafiosità dei suoi interlocutori campani, anche perché colui che glieli aveva presentati – e cioè Giuseppe D’Elia – era sicuramente consapevole della loro mafiosità, e ciò (sempre secondo il Tribunale) emergerebbe icasticamente dalle conversazioni di cui al progressivo 24115 del 10.5.2017 decreto 1320/ 17, nella quale D’Elia chiedeva a Salierno Mario spiegazioni su quanto accaduto presso la struttura….Orbene, la cosa inquietante è che per lo stesso D’Elia il medesimo Tribunale del riesame di Napoli – con altro provvedimento – ha ritenuto giustamente “non sussistere” a suo carico la citata aggravante mafiosa.

I due legali dunque sottolineano: “Tale discrasia tra i due provvedimenti – emessi non solo nello stesso procedimento e dallo stesso tribunale, ma addirittura dalle stesse persone fisiche – ci lascia esterrefatti ed impotenti nella difesa del povero Andrea Guido”. “E senza trascurare, aggiungono i legali, che i succitati coimputati campani nel 2017 – epoca dei fatti oggetto di contestazione – non solo erano totalmente incensurati, ma la loro società era regolarmente inserita nella White List della locale prefettura; ed infatti, solo col procedimento in questione l’autorità giudiziaria napoletana ha scoperto i loro presunti rapporti con un clan camorristico”.
E concludono gli avvocati, affermando: “Nonostante tutto confidiamo nella Giustizia, e soprattutto nel buon senso e nella preparazione dei magistrati napoletani, nella speranza di poter riportare al più presto in libertà Andrea Guido, come merita; e soprattutto auspichiamo che egli possa ritornare quanto prima al suo impegno quotidiano in favore dei cittadini leccesi e soprattutto di coloro che hanno più bisogno”.



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