Servizio di custodia giudiziaria di auto e moto. Il Tar annulla interdettiva antimafia verso un’azienda

L’azienda, assistita dall’avvocato Giancarlo Sparascio, aveva presentato ricorso al Tar Puglia – Lecce che, con sentenza del 7 ottobre 2020, lo ha accolto nel merito.

Dopo linterdittiva antimafia, emessa nei confronti di un’azienda attiva nel servizio di recupero, custodia ed acquisto dei veicoli oggetto di sequestro o confisca, arriva lannullamento del provvedimento.

L’azienda, assistita dall’avvocato Giancarlo Sparascio, aveva presentato ricorso al Tar Puglia – Lecce che, con sentenza n. 1064/2020 del 7 ottobre 2020, lo ha accolto nel merito disponendo l’annullamento dell’interdittiva antimafia e di tutti gli atti conseguenti.

Intanto, quattro imprese chiedono l’intervento urgente del Prefetto in difesa della legalità sulla gara d’appalto gestita dalla stessa Prefettura di Lecce e dall’Agenzia del demanio sulla quale pende un’inchiesta della Procura. Il raggruppamento d’imprese (composto dalla Number One Car’s, dalla Sud Auto, dalla Autodemolizione La Fenice e dalla Muci Auto s.r.l., tutte assistite dall’avvocato Giancarlo Sparascio), nel settembre 2018, aveva preso parte alla procedura di gara per l’affidamento del servizio pubblico di recupero, custodia ed acquisto dei veicoli sottoposti a fermo, sequestro o confisca per l’intera Provincia di Lecce, in passato gestito dalla Sgm.

Secondo quanto riferisce l’avvocato Giancarlo Sparascio, “l’appalto veniva aggiudicato al raggruppamento concorrente, la cui offerta conseguiva il punteggio di un decimale di punto superiore per ciascuno dei tre commissari di gara solo ed esclusivamente sulla scorta di un dichiarato superiore numero di mezzi di soccorso stradale; il raggruppamento Number One, successivamente escluso dalla gara sulla base di alcune condanne che erano state tuttavia oggetto di estinzione o riabilitazione, ha quindi impugnato innanzi al Tar Lecce l’ammissione alla gara e l’aggiudicazione della stessa in favore del concorrente, ma il Tar aveva ritenuto di respingere il ricorso. Le quattro aziende, continua il legale: “non si sono arrese ed hanno chiesto di avere accesso ai verbali delle operazioni di verifica del possesso dei requisiti dichiarati dal vincitore, nella convinzione che lo stesso avesse prodotto false dichiarazioni che avevano indotto in errore la Prefettura e che avrebbero dovuto comportare anche la sua esclusione con la conseguente ripetizione di tutta la procedura”. E continua l’avvocato Sparascio: “In questo momento la situazione diventa però incandescente: la Prefettura di Lecce nega l’accesso ai verbali sul controllo del possesso dei requisiti dichiarati dal vincitore: così il raggruppamento d’imprese impugna il diniego innanzi al Tar che, a gennaio di quest’anno, gli dà ragione condannando la Prefettura ad esibire tutti i verbali redatti dalla commissione tecnica di controllo successivamente all’aggiudicazione della gara”. Ma, afferma ancora il legale: “la Prefettura non ci sta a far visionare tutti i verbali e ricorre in appello al Consiglio di Stato, che però le dà ancora torto; nel frattempo, avendo avuto accesso a parte della documentazione, il raggruppamento si avvede che il vincitore era privo di alcuni requisiti tecnici dichiarati che ne avrebbero dovuto comportare l’esclusione. E a quel punto, sulla base dei nuovi documenti scoperti, afferma il legale: “il raggruppamento deposita un ulteriore ricorso al Tar Lecce affinché revochi la propria precedente decisione con cui era stato respinto il ricorso originario; allo stesso tempo, proprio la gravità di quanto emerso negli esibiti verbali induce le quattro aziende a depositare un esposto e contestuale denuncia – querela da cui è originata l’apertura di un fascicolo d’inchiesta presso la Procura di Lecce per gravi reati in danno della Pubblica amministrazione. Ed il rappresentante legale di una azienda concorrente viene iscritto nel registro degli indagati con le accuse di: indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e violazione della norma del Codice degli appalti per dichiarazioni mendaci.”

Intanto, la vicenda evolve ed a febbraio 2020, dopo appena un mese dal deposito della denuncia in Procura, come afferma l’avvocato Sparascio: “la Prefettura reagisce ed emette un’interdittiva antimafia a carico di una delle quattro aziende querelanti, in tal modo cercando altresì di sottrarsi per ben nove mesi all’esibizione dell’ultimo verbale che tanto il Tar quanto il Consiglio di Stato l’avevano invece condannata ad esibire.”

Dopo l’interdittiva, emessa in piena emergenza covid, l’azienda rischia la chiusura, subisce la revoca di autorizzazioni e viene esclusa dall’elenco dei depositi giudiziari, ma non si arrende e come detto in precedenza, presenta ricorso al Tar Puglia – Lecce che nel mese di ottobre lo accoglie nel merito, disponendo l’annullamento dell’interdittiva antimafia.

Cosicché, lo scorso 21 ottobre, continua l’avvocato Sparascio: “la Prefettura di Lecce non avendo più alibi, è stata costretta ad esibire anche l’ultimo documento mancante, vale a dire l’elenco dei mezzi posseduti dal raggruppamento di imprese aggiudicatario dell’appalto; ma a questo punto è venuto fuori un ulteriore elemento, portato all’attenzione della Procura nei giorni scorsi: dall’esame delle carte di circolazione, i veicoli utili allo svolgimento del servizio posseduti dall’aggiudicataria alla data di scadenza del termine di presentazione delle offerte (10 settembre 2018) risultavano in verità 20 (numero uguale a quello delle quattro imprese escluse) e non anche 30, come invece dichiarato in sede di offerta tecnica, con la conseguenza che il punteggio espresso dalla commissione è stato viziato dalla falsa dichiarazione del concorrente che in tal modo ha conseguito l’aggiudicazione dell’appalto”.

“Debbo registrare con estremo stupore, conclude l’avvocato Sparascio, che parte della Prefettura di Lecce, che in questa vicenda è persona offesa e che dovrebbe quindi associarsi alla denuncia delle quattro imprese, invece di sanzionare il contegno altamente illecito di chi, mediante false dichiarazioni, l’ha indotta in errore procurandosi un appalto pubblico da 400.000 euro, sta paradossalmente accanendosi contro chi ha denunciato le irregolarità commesse, arrivando addirittura ad utilizzare un’interdittiva antimafia emessa nella totale carenza dei presupposti, oltretutto con il rischio di screditare gli strumenti di prevenzione antimafia, e frapponendo ingiustificabili ostacoli alla trasparenza ed al controllo sulla legittimità dell’operato della pubblica amministrazione”.