
Avrebbe picchiato e maltrattato un anziano disabile. Il suo badante, B.P.P., un 42enne bulgaro, è finito sul banco degli imputati.
Il processo è in corso e nell’udienza di oggi dinanzi al giudice monocratico sono stati ascoltati diversi testimoni. L’imputato risponde del reato di “maltrattamenti contro familiari o conviventi”.
È assistito dall’avvocato Vincenzo Magi.
L’inchiesta
Gli episodi contestati all’indagato si sarebbero verificati tra il dicembre del 2013 ed il mese di aprile del 2016.
Le indagini condotte dagli agenti della Squadra Mobile di Lecce e coordinate dal pubblico ministero Stefania Mininni, hanno preso il via dalla denuncia della sorella dell’anziano disabile.
La donna ha raccontato agli inquirenti delle condizioni igieniche precarie in cui viveva il fratello nell’appartamento leccese, dopo l’affidamento al badante bulgaro.
B.P.P. non cambiava la biancheria intima dell’uomo, lasciandolo con i pantaloni sporchi. In un’altra occasione, l’81enne sarebbe rimasto a digiuno o costretto a mangiare pane duro.
Alcuni episodi si sarebbero verificati fuori dalle mura domestiche. Ad esempio, l’anziano disabile veniva lasciato in macchina, fuori da un supermercato sotto il sole cocente o fatto uscire nonostante la bronchite.
A supporto della querela della sorella, vi sarebbero le dichiarazioni fornite dalla stessa vittima. L’uomo le avrebbe raccontato di essere stato più volte picchiato e maltrattato (una volta, lo avrebbe visto con gli incisivi rotti).
La denunciante decise di interrompere il rapporto di collaborazione con il 42enne bulgaro, dopo il racconto di una vicina di casa del fratello, anche lei adante. La donna riferiva che B.P.P. aveva avuto una colluttazione con suo marito, durante la quale estrasse un coltello per colpirlo. Non solo, la sorella della vittima avrebbe ricevuto messaggi via WhatsApp dal badante, del tipo: “se tu mi mandi via, pace non c’è per nessuno…ti faccio pagare l’aria che hai respirato” .
Una volta interrotto il rapporto con il 42enne, l’anziano disabile venne condotto presso un centro socio-assistenziale. A seguito del colloquio con uno psicologo, sarebbe emersa l’ipotesi delle percosse subite “da uno scemo che nella sua casetta gli dava i pugni”, riferisce il medico.