
Nella giornata di oggi, si è svolta l’udienza dinanzi al Tribunale del Riesame (presidente Pia Verderosa, a latere Giovanni Gallo ed Antonio Gatto), per discutere il ricorso presentato dall’avvocato Francesco Vergine, difensore di Alì Farhangi, 62enne di Surbo. Il legale ha sostenuto che i due appartamenti sequestrati non erano del proprio assistito, il quale aveva entrate lecite che gli avrebbero comunque consentito di versare i relativi soldi. La decisione del Riesame è prevista nei prossimi giorni.
Nei giorni scorsi, era scattato il sequestro preventivo, disposto dal gip Marcello Rizzo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, di due immobili – a Lecce e Giorgilorio.
Secondo gli inquirenti, gli appartamenti, uno dei quali intestato ad un prestanome, sarebbero riconducibili a Farhangi, e avrebbero un valore sproporzionato rispetto ai suoi redditi.
Va detto che nel febbraio del 2022 venne eseguito il blitz relativo all’inchiesta “Insidia” che portò a 15 arresti.
Alì Farhangi è ritenuto «uomo di fiducia e braccio destro di Michele Coluccia». E avrebbe partecipato alla gestione dell’attività di usura.
Intanto è in corso il processo con rito abbreviato, nel corso del quale, il pm Carmen Ruggiero ha invocato complessivamente circa 150 anni di carcere, nei confronti di 16 imputati, tra cui compare anche Alì Farhangi. La sentenza del gup Marcello Rizzo è prevista nelle prossime settimane. In precedenza, la Procura ha depositato i verbali d’interrogatorio di un componente della famiglia Coluccia, divenuto collaboratore di giustizia. Si tratta di Gerardo Dino Coluccia, 49 anni, di Noha che ha ricostruito l’organigramma e gli affari illeciti del clan.