Assicurava il “buon ordine” dell’associazione mafiosa, dentro il carcere? Assolto un 37enne leccese

Il procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi, in una scorsa udienza, aveva invocato la condanna a 12 anni di reclusione, nel corso del processo con rito abbreviato

Arriva l’assoluzione dalla grave accusa di mafia per un 37enne leccese. Il gup Cinzia Vergine, al termine del giudizio abbreviato, ha assolto Federico Amaranto.
Il procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi, in una scorsa udienza, aveva invocato la condanna a 12 anni di reclusione. Il giudice, accogliendo la tesi difensiva dell’avvocato Ladislao Massari, ha invece assolto l’imputato.

Secondo l’accusa, il 37enne avrebbe fatto parte di un’associazione mafiosa, assieme a Pasquale Briganti (quest’ultimo coinvolto nella recente operazione antimafia Game Over). I fatti risalirebbero al 2017. Nello specifico, Amaranto pur essendo detenuto, avrebbe assicurato i collegamenti con i sodali e i capi dell’organizzazione, contribuendo anche al reperimento di droga ed armi. In che modo? Mediante lettere e l’azione di persone a lui vicine, per assicurare il “buon ordine” all’interno della struttura carceraria. Inoltre, avrebbe svolto attività di proselitismo dentro il carcere, conservando la documentazione riguardante le formule di affiliazione all’organizzazione, all’interno delle cosiddette “sfoglie”.

Ricordiamo che Federico Amaranto era stato già assolto sia in primo grado che in Appello, nell’ambito del procedimento “Network”, riguardante un’associazione dedita allo spaccio di droga e ad attività estorsive nei confronti di stabilimenti balneari tra Torre Specchia e San Foca.

Ed in queste ore, è arrivata una nuova assoluzione.



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