
30 marzo 1981. Il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan aveva lasciato l’hotel Hilton di Washington, dove aveva tenuto un discorso, e stava raggiungendo a piedi la limousine blindata, parcheggiata a pochi passi da un’uscita secondaria scortato dai suoi agenti, quando fu colpito da uno dei sette proiettili sparati da una calibro 22. A premere il grilletto era stato John Hinckley, un folle nascosto tra i reporter e i curiosi che in meno di due secondi aveva aperto il fuoco, si scoprirà, per far colpo su Jodie Foster, l’attrice di cui era follemente innamorato. L’aveva vista per la prima volta in Taxi driver, la pellicola di Martin Scorsese con Robert De Niro e ne era rimasto affascinato. Proprio per cercare di attirare la sua attenzione, pianificò l’attentato prima a Jimmy Carter, poi al Presidente.
Reagan riuscì a salvarsi, anche grazie all’intervento dell’agente speciale Jerry Parr che riuscì a trascinarlo nella limousine e a fargli scudo con il suo corpo mentre l’auto partiva, a gran velocità, verso la casa bianca. «Rawhide is ok», disse per comunicare via radio che il Presidente era salvo.
Fu durante il tragitto che Reagan cominciò a tossire sangue. Era stato ferito da un proiettile rimbalzato sulla carrozzeria che gli aveva perforato un polmone. Si era fermato a pochi millimetri dal cuore, 25 millimetri che hannno fatto la differenza tra la vita e la morte.
“Vi prego, ditemi che siete Repubblicani!”
Accompagnato in Ospedale più vicino, il George Washington University Hospital, fu operato d’urgenza. In sala operatoria, subito prima dell’intervento, si tolse la maschera dell’ossigeno per rivolgere ai medici una battuta: «Spero siate tutti repubblicani», disse. L’ironia, avuta anche con la moglie, avevano rassicurato gli americani. Gravissime, invece, erano le condizioni del suo addetto stampa James Brady. I proiettili caricati da Hinckley Jr. erano esplosivi. E quello che colpì il Press Secretary gli procurò lesioni permanenti che si tradussero nella paralisi di metà corpo, condannandolo alla sedia a rotelle.
Le immagini della sparatoria furono trasmesse da tutti i principali network televisivi, ricordando una ferita ancora aperta in chi, meno di vent’anni prima, aveva assistito all’omicidio di John Fitzgerald Kennedy.
Il processo
Il processo iniziò nel 1982 con tredici capi d’accusa e terminò con un verdetto per certi versi inaspettato. Hinckley fu dichiarato incapace di intendere e di volere e scagionato dall’accusa di tentato omicidio volontario plurimo. Fino al 2017 ha vissuto in un manicomio criminale di Washington. sotto sorveglianza, Dall’ospedale psichiatrico ha confermato di essere l’autore della sparatoria, definita la « la più grande offerta di amore nella storia del mondo». E cosa c’era di più grande che assassinare l’uomo più potente del mondo, il presidente americano? Rimase anche deluso dal fatto che Jodie Foster non ricambiasse i suoi sentimenti.
Giudicato guarito, dal 2016 è un uomo libero: ha lasciato l’ospedale ed è andato a vivere a casa della madre a Williamsburg, in Virginia, con una serie di vincoli e proibizioni: niente uso di alcol, niente armi, niente rapporti con la stampa, divieto di allontanarsi per più di 30 miglia da casa e di avvicinare membri della famiglia Reagan o l’attrice della quale era ossessionato ai tempi dell’attentato, concepito, nella sua follia, per attirare l’attenzione della star del cinema.