11 aprile 1953. Quella mattina la spiaggia di Torvaianica è deserta. È la vigilia di Pasqua, ma non per un manovale che prima di cominciare un’altra giornata di lavoro si concede qualche minuto sulla sabbia del litorale romano, non lontano da una villetta in costruzione. Una colazione in riva al mare, in attesa dei colleghi, interrotta da qualcosa di “strano”. Il ragazzo nota in lontananza un pezzo di stoffa che si muove sospinto dal vento. Incuriosito, si avvicina. Quando mancavano pochi passi, si accorse che non era un oggetto misterioso restituito dal mare, ma il corpo di una giovane donna a piedi nudi, immerso in pochi centimetri d’acqua. Non aveva le scarpe, né la gonna e nemmeno le calze e il reggicalze di raso nero.
«La sconosciuta», titolavano i giornali. È stata la descrizione scritta nero su bianco sul quotidiano romano a permettere di capire chi fosse. Era Wilma Montesi aspirante attrice, prossima al matrimonio con Angelo, un agente di polizia di stanza a Potenza. È stato il padre a riconoscere in quelle parole dei giornali la figlia scomparsa due giorni prima, il 9 aprile. La sconosciuta di Torvaianica, quel corpo senza vita, aveva un nome.
L’ultimo giorno di vita di Wilma
«Non mi piacciono i film di Anna Magnani». Sono state queste le ultime parole pronunciate dalla ragazza quando ha declinato l’invito della mamma e della sorella che le avevano chiesto di andare al Cinema per vedere la Carrozza D’Oro. «Resto a casa» aveva detto, ma poco dopo aveva preso la borsetta ed era uscita dal palazzo che si affaccia su via Tagliamento per fare una passeggiata. Alcuni testimoni affermarono di averla vista sul treno che da Roma portava a Ostia verso le 18:00. Da quel momento sulla 21enne è calato il buio.
Wilma è una ragazza seria, riservata, in mente non ha altro che confezionare il candido corredo per le imminenti nozze. Che cosa poteva esserle accaduto? Per tutta la notte il padre falegname la cerca, temendo una disgrazia. Nel cuore della notte lo raggiunge il fidanzato.
«Sincope da pediluvio»
Secondo il medico legale sul corpo della futura sposa non ci sono tracce di violenza sessuale, era illibata, ma di domande ce ne erano abbastanza per riempire le colonne dei giornali di mistero.
Le prime risposte arrivano dall’autopsia. Nel referto si parla di “sincope dovuta a pediluvio” come probabile causa della morte. Dopo un gelato, Wilma si sarebbe sfilata scarpe e calze e sarebbe entrata in acqua, salvo essere colta da un malore mentre passeggiava a piedi nudi sulla battigia. Così sentenziò il medico legale. Scivolata, priva di sensi, sarebbe annegata.
La distanza tra Ostia – il presumibile ultimo avvistamento della ragazza – e la spiaggia di Torvainica, punto del ritrovamento, venne spiegata da una complessa combinazione di correnti marine che avrebbero favorito la “navigazione acquorea” del corpo. Ma il volto era ancora truccato e lo smalto sulle unghie delle mani intatto.
Nonostante questo l’ipotesi dello sfortunato incidente venne ritenuta attendibile e la polizia chiuse il caso. Come immaginabile, la “verità ufficiale” però non convinse.
“Lo scandalo del secolo”
Passano alcune settimane, e il caso viene collegato il nome di Piero Piccioni. Non un ragazzo qualunque, ma il figlio dell’allora vicepresidente del Consiglio Attilio, ministro degli Esteri del governo Alcide De Gasperi e alto dirigente della Democrazia Cristiana. Un’insinuazione bastò a trasformare un fatto di cronaca nera in uno degli intrighi politici più ingarbugliati del dopoguerra.
Dopo il racconto di un’attrice che sbarcava il lunario facendo la dattilografa, tale Adriana Concetta Bisaccia, sui giornali inizia a farsi strada la tesi dell’insabbiamento a favore dei colpevoli del delitto, un gruppo di politici e notabili della DC che si riuniscono in una villa a Capocotta, per delle serate ‘disinibite’.
Le serate a luci rosse a Capocotta
Wilma avrebbe preso parte alla festa del marchese Ugo La Montagna, un ricco gentiluomo amico di importanti personalità e famoso per le sue avventure galanti. Il «malore» a quel punto viene attribuito ad un mix di alcool e droghe. Wilma, priva di sensi, sarebbe stata scaricata alla spiaggia per evitare uno scandalo. Una vergogna che si insinuerà tra i corridoi di Montecitorio. La credibilità del ministro Piccioni e di tutto il governo comincia a vacillare. Insomma, Wilma si era sentita male e qualcuno, preso dal panico, l’aveva abbandonata sulla riva del mare, magari credendola morta, e lì era annegata.
Il cigno nero
A confermare la pista del pista del festino finito male è Maria Augusta Moneta Caglio Bessier d’Istria, ‘il Cigno nero’ che confermerà la presenza di Wilma alle serate di Capocotta. Le indagini vengono finalmente riaperte trascinando nel vortice dello scandalo Piccioni, la Montagna e il questore di Roma, Saverio Polito, accusato di aver insabbiato l’inchiesta.
Nel ’55, sotto i flash delle macchine fotografiche, inizia il processo. Sul banco dei testimoni sale la bellissima Alida Valli, stella del cinema italiano e fidanzata di Piero Piccioni. Altro che festini, secondo la Valli, Piccioni quella notte era con lei. Il processo termina con gli accusati assolti e con gli accusatori condannati per calunnia. il ruolo di ex amante abbandonata in fretta e furia fu fatale per il Cigno nero.
La pista dello «zio Giuseppe»
Ci fu un momento in cui i sospetti si sarebbero concentrati su uno zio della vittima, Giuseppe Montesi, accusato di essereinvaghito di lei, tanto da averla in più occasioni invitata a rompere il fidanzamento. A peggiorare la sua posizione, quantomeno agli occhi della stampa scandalistica, fu il fatto che il giovane era considerato, per l’epoca, un libertino, uno che si vantava delle numerose avventure galanti, che intratteneva rapporti con personaggi di dubbia reputazione e, possedendo un’auto, avrebbe potuto trasportare Wilma, viva o morta, sul luogo del ritrovamento. L’ipotesi fu avanzata con tono sarcastico, ma il comportamento di Giuseppe bastò a rendere credibile una tesi basata suillazioni. Si rifiutò, infatti, di dire dove si trovava la notte dell’incidente. Solo davanti ai giudici, ammise che aveva trascorso la serata con la sorella della sua fidanzata.
Il caso di Wilma Montesi, il primo mediatico, resterà senza colpevoli
