Crac del Calzaturificio “Vereto”, Cassazione annulla nuovamente la condanna nei confronti di Gabriele Abaterusso

Adesso la difesa chiederà al Prefetto, in virtù dell’annullamento della sentenza di condanna, che possa immediatamente tornare a rivestire la carica di sindaco di Patù.

La Cassazione annulla nuovamente con rinvio, la condanna della Corte di Appello di Lecce nei confronti di Gabriele Abaterusso. Dunque, si dovrà rifare il processo di secondo grado, dinanzi ad un nuovo collegio di giudici.

Intanto, i difensori Michele Laforgia e Giancarlo Zompì chiederanno al Prefetto, in virtù del l’annullamento della sentenza di condanna, che Gabriele Abaterusso possa immediatamente tornare a rivestire la carica di sindaco di Patù.

Ricordiamo che il 16 novembre del 2018, il Prefetto aveva congelato la carica applicando la “Legge Severino” poi, il 38enne di Patù è ritornato in carica nel maggio scorso, grazie ad un ricorso presentato in via cautelare. Successivamente, nel mese di luglio, è giunta una nuova sospensione, decisa dal Tribunale Civile di Lecce, che ha accolto il reclamo presentato dalla Prefettura contro la sospensiva del provvedimento

Il processo di Appello

La Corte di Appello, dopo l’annullamento con rinvio del primo processo di Appello disposto dalla Cassazione, ha riformato la sentenza. Il sindaco di Patù, Gabriele Abaterusso, è stato condannato in concorso con Redouanne Marsali, 52 anni, di origini marocchine, per il reato di bancarotta, in relazione ad un ramo di azienda ceduto nel novembre del 2005, per un valore di 28mila euro, ad una società amministrata dal padre Ernesto.

I giudici hanno assolto “per non aver commesso il fatto” l’imputato, riguardo la “distrazione” di alcuni beni, quali: un’Audi A4, una slitta automontata ed una smerigliatrice.

In primo grado, l’imputato era stato condannato alla pena di due anni.

L’accusa

Gabriele Abaterusso, all’epoca dei fatti, era lamministratore unico della “Vereto, nonché proprietario dell’85% delle quote insieme a Redouanne Marsali. Quest’ultimo avrebbe permesso al giovane imprenditore del Sud Salento, di “distrarre i beni” del Calzaturificio Vereto”. Secondo l’accusa rappresentata dal pubblico ministero Emilio Arnesano, avrebbe così evitato di finire “in pasto” ai creditori, una volta arrivata la sentenza di fallimento del Tribunale.



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