Tragedia della solitudine a Lecce, trovato senza vita un clochard in Viale Otranto

Sul posto sono giunti i sanitari del 118 che, però, altro non hanno potuto fare che confermare il decesso. Non si conoscono le cause della morte.

Dramma della solitudine a pochi passi dal centro storico di Lecce, dove un clochard è stato trovato senza vita da una volontaria che si prendeva cura di lui e da alcuni passanti che hanno chiesto aiuto. Aveva appena 34 anni, Singh, Sony, per gli amici, un indiano che aveva deciso di lasciare il Punjab, uno stato al confine con il Pakistan per l’Italia. Da qualche tempo aveva trovato riparo sotto i portici di Viale Otranto, dove spesso dormono gli “invisibili”, persone senza una casa, senza nessuno, come il 34enne che nel suo giaciglio ha trovato la morte. Non si è più risvegliato dopo la notte e quando è stato lanciato l’allarme, quando la macchina dei soccorsi è stata attivata per lui non c’era più nulla da fare.

Niente hanno potuto i sanitari del 118, ogni tentativo di evitare il dramma sarebbe stato inutile. Il cuore del 34enne aveva smesso di battere, al momento senza una causa precisa. Visto che sul corpo non è stato trovato alcun segno di violenza è probabile che la morte del senzatetto sia dovuta a cause naturali.

Sul posto, anche gli agenti della Polizia Locale del capoluogo che hanno recintato la zona.

Presente  anche il Consigliere Aggiunto del Comune di Lecce, in rappresentanza dei cittadini extracomunitari, Sanjeev Kumar Kulhari, che ha rilasciato a Leccenews24 queste dichiarazioni: «Viveva a Lecce da 15 anni, prima aveva lavorato in alcuni ristoranti, ma poi, non riuscendo a trovare un impiego, si era rassegnato alla sua condizione. Abbiamo provato, senza riuscirci, a convincerlo a ritornare nel suo Paese» ha dichiarato.

«Ci siamo messi in contatto con la sorella che vive in Belgio che deciderà se seppellirlo in città, o riportarlo in India. Chiederemo all’Amministrazione Comunale e, nello specifico, all’Assessore al Welfare e Servizi Sociali, Silvia Miglietta,  di venire incontro alle esigenze dei familiari. Se non sarà possibile, provvederà la comunità indiana con una colletta».

Silvia Miglietta: “Ci impegneremo per fare in modo che non accada più”

«Sono profondamente dispiaciuta per l’epilogo di una vita che sono certa tutti potevamo fare di più per riportare su un percorso diverso, e mi unisco al dolore della comunità Sikh e di quanti lo conoscevano. Mi dispiace che nei dibattiti sui social si affrontino con leggerezza drammi che nella quotidianità, in tanti casi, si preferisce ignorare passando avanti» ha dichiarato l’assessore al Wefare Silvia Miglietta parlando di Sony, come lo chiamavano gli amici e i membri della comunità indiana che, in passato, avevano cercato di aiutarlo, anche offrendogli – come detto – l’aiuto economico necessario per tornare al suo paese di  origine, aiuto che ha declinato.

Il suo non era un nome nuovo sconosciuto al Comune e alla rete delle associazioni caritatevoli della città, ma non fruiva abitualmente dei servizi di ricovero a Masseria Ghermi o delle mense che sono presenti in città. Perché a  volte non basta tendere una mano, è anche importante che qualcuno la stringa. La disponibilità degli enti deve incontrare anche la volontà di chi ha bisogno.

«La realtà che oggi si rivela in maniera così cruda è che anche nella nostra città, come altrove, esistono persone che non riescono, per forti dipendenze da alcool o droghe, disabilità, psicosi ad immaginare un’alternativa, a scorgere una via d’uscita da un cammino che può condurre anche alla morte. Oggi siamo costernati, domani dovremo impegnarci tutti maggiormente per fare in modo che non accada più» ha concluso l’assessore.



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