
Dopo l’inchiesta che ha portato all’arresto di Antonio Megha, 62 anni, ex sindaco di Neviano e assessore alla cultura dimissionario, si è insediata questa mattina la commissione prefettizia di accesso agli atti amministrativi.
Quest’ultima, inviata dal Prefetto di Lecce, Maria Rosa Trio, dovrà valutare se l’operato dell’amministrazione comunale di Neviano abbia subìto condizionamenti di tipo mafioso, dal clan Coluccia di Noha (Galatina).
Dalle indagini, coordinate dal pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Lecce, Carmen Ruggiero e condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo del reparto operativo di Lecce, sarebbe venuto a galla un presunto “patto di scambio politico-mafioso“. E nello specifico, “l’infiltrazione dell’organizzazione mafiosa nell’apparato amministrativo del Comune di Neviano mediante l’inserimento di soggetti di diretta espressione del clan Coluccia”.
La vicenda che riguarda Megha, rivelerebbe, invece, secondo il gip Tosi: “la compenetrazione nel tessuto economico-sociale per cui è il politico che si rivolge direttamente al mafioso riconoscendone la capacità di attrarre consenso sociale per assicurarsi il risultato elettorale”.
In una conversazione intercettata con una terza persona, Megha riferiva di avere condiviso l’intenzione del mediatore Nicola Giangreco di rivolgersi al clan e di rendersi disponibile a soddisfare ogni loro richiesta, mentre Michele Coluccia gli garantiva cinquanta voti: “comunque gli ho detto le cose, gli ho detto guarda poi, dimmi… io che devo fare, perchè… non è che, per regolarmi che devo fare per voi, ha detto se è per noi … se è… ci sentiamo…. dice, PERÒ HA DETTO NON PIÙ DI CINQUANTA VOTI TI POSSIAMO GARANTIRE, ho detto, sono tanti dico…..poi dico naturalmente inutile dire che puoi disporre su Neviano”.
Nel prosieguo, Megha precisava che in cambio dei cinquanta voti si era impegnato a corrispondere la somma di 3.000 euro nonché a rappresentare i loro interessi nel territorio calabrese adempiendo a qualsiasi incombenza.
E in questo contesto, secondo il giudice, va inquadrata la richiesta di Giangreco di agevolare l’assunzione del figlio del capo clan Michele, all’interno di un’azienda che operava nel settore della raccolta dei rifiuti urbani sui territori di Aradeo, Neviano, Collepasso e altri comuni, come emerge da una conversazione intercettata.
Nelle scorse ore, dinanzi al gip Sergio Tosi, l’avvocato Antonio Megha, assistito dall’avvocato Giuseppe Corleto, ha chiarito la propria posizione e ha negato l’esistenza di un patto politico-mafioso con la famiglia Coluccia. L’interrogatorio di garanzia si è svolto dopo gli arresti domiciliari applicati a Megha sulla scorta dell’ordinanza del gip.