Arriva la sentenza di condanna, relativa all’inchiesta sull’evasione dal carcere di Lecce del 23 agosto del 2014, avvenuta in occasione di un permesso premio, di Rosa Della Corte, soprannominata la «mantide di Casandrino», già condannata per l’omicidio del fidanzato.
Al termine del processo, nelle scorse ore, il giudice Roberta Maggio ha inflitto la pena complessiva di 1 anno e 10 mesi di reclusione. Nello specifico, Rosa Della Corte, 37enne di Calandrino (in provincia di Napoli), è stata condannata ad 1 anno e 1 mese per il reato di evasione. Non solo, anche a 7 mesi per resistenza a pubblico ufficiale, in relazione all’aggressione ad un agente penitenziario. E poi, è arrivata la condanna a 2 mesi per sostituzione di persona, al fine di eludere i controlli sulla corrispondenza. Per quest’ultimo capo d’accusa è stata condannata a 1 mese e 20 giorni di reclusione anche la compagna di cella di allora, Elena Ferrante, 49enne di Palermo, ritenuta complice di Della Corte. Quest’ultima è stata invece assolta dall’accusa di violenza o minacce a pubblico ufficiale, verso un’infermiera del carcere.
Le due imputate sono difese dall’avvocato Carlo Gervasi che presenterà ricorso in Appello.
La Della Corte ha già scontato la condanna a 18 anni di reclusione per l’omicidio del fidanzato, il militare Salvatore Pollasto, trovato senza vita in una Y10 bianca, una mattina del 4 aprile 2003, in una stradina di Casandrino.
Invece, nel novembre del 2023, la Corte d’Appello di Salerno ha confermato la condanna a 13 anni nei confronti di Della Corte, per il tentato omicidio di un agente di polizia penitenziaria avvenuto nel carcere di Potenza, dove era detenuta.
Nel processo definitosi nelle scorse ore, Rosa Della Corte rispondeva dell’accusa di evasione, durante un permesso premio di sei giorni per andare a trovare la madre, poiché non avrebbe fatto ritorno in carcere. La giovane venne poi trovata in un appartamento ad Ardea, piccolo comune del litorale romano, il 5 settembre del 2014, in compagnia di un nuovo fidanzato.
La Della Corte rispondeva anche di minaccia e resistenza a pubblico ufficiale.
Infatti nel marzo del 2015, avrebbe anche cercato di colpire un ufficiale di Polizia Penitenziaria, mentre questi la conduceva nella propria cella del carcere di Lecce. Inoltre, avrebbe aggredito un’infermiera, minacciando di “spaccare la cella” se non le avesse dato delle gocce d’ansiolitico, in aggiunta alla terapia che stava già seguendo, ma per questa accusa è stata assolta.
Inoltre, la Della Corte rispondeva anche di sostituzione di persona in concorso con la compagna di cella Elena Ferrante. Quest’ultima l’avrebbe aiutata ad eludere i controlli sulla corrispondenza. Il nome della Ferrante compariva come “mittente”, sulla busta della lettera (scritta dalla “mantide di Casandrino”) indirizzata ad un giovane originario di Napoli, ma detenuto nel carcere leccese.
La posizione del compagno di allora e complice dell’evasione, un giovane di Muro Leccese che rispondeva di favoreggiamento, venne stralciata.
Inoltre, venne inizialmente indagato un medico che avrebbe redatto il certificato con cui attestava i problemi di salute della madre di Rosa Della Corte. La detenuta ottenne, infatti, un permesso per andare a trovare il genitore malato a Casandrino (sarebbe emerso che non soffriva di alcuna specifica patologia). La posizione del medico venne poi stralciata.
Le indagini coordinate dal pubblico ministero Stefania Mininni sono state condotte dai Carabinieri del Norm di Maglie.