Chiesta la conferma della condanna per omicidio verso i sei imputati, ritenuti responsabili della morte di Simone Renda, bancario leccese di 34 anni, avvenuta il 3 marzo 2007, in un carcere messicano a Playa del Carmen. La richiesta è stata avanzata dall’avvocato generale Giovanni Gagliotta, nel processo di Appello che si è aperto oggi presso l’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola. Erano presenti Cecilia Greco, madre di Simone e Gaetano Renda, che attendono giustizia a 7 anni di distanza dalla celebrazione del processo di primo grado.
La Corte d’Assise d’Appello di Lecce (Presidente Teresa Liuni, a latere Adriana Almiento) ha rinviato il processo al 10 ottobre. In quella data, prenderà la parola l’avvocato Paola Balducci del foro di Roma (sostituita oggi in udienza dal collega Tommaso Stefanizzo) per i familiari della vittima, parti civili nel processo, ed i difensori dei sei imputati. Al termine della discussione in aula, ci sarà la sentenza dei giudici.
Gli imputati, tutti contumaci, sono difesi d’ufficio dagli avvocati: Nicola Leo, Valerio Centonze, Leonardo Maiorano, Alessandra Tomasi.
Va detto che arrivare al secondo grado di giudizio è stato possibile anche grazie all’intervento del presidente della Corte d’Assise, Roberto Tanisi che celebrò il processo di primo grado e successivamente applicò lo stesso principio giuridico adottato per Giulio Regeni (il ricercatore italiano morto in Egitto). In sostanza, il magistrato ha richiamato un recente pronunciamento della Corte Costituzionale, in base al quale è stato possibile superare la stasi processuale, determinata dall’assenza degli imputati. Il presidente Tanisi, ha fatto presente le numerose richieste di comparizione degli imputati, inviate in Messico, rimaste senza risposta.
Nel gennaio del 2017, la Corte d’Assise di Lecce (presidente Roberto Tanisi, a latere Maria Francesca Mariano e giudici popolari) ha inflitto 138 anni di carcere a sei imputati. Nello specifico: 25 anni di reclusione per direttore e vicedirettore del Carcere municipale; stessa pena per il giudice qualificatore di turno. E poi 21 anni per le due guardie carcerarie di turno e per il responsabile dell’ufficio ricezione del carcere. Assolti, invece, due agenti della polizia turistica del municipio di Playa del Carmen.
La Corte di Assise aveva disposto una provvisionale di 150 mila euro per Cecilia Greco e di 100mila euro in favore di Gaetano Renda, oltre al risarcimento del danno in separata sede.
Gli imputati sono accusati, a vario titolo ed in diversa misura, del reato di omicidio volontario. Inoltre, rispondono della violazione dell’articolo 1 della Convenzione ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli disumani e degradanti che recita: «Per avere, in concorso tra loro cagionato la morte di Simone Renda, sottoponendolo a trattamenti crudeli, inumani e degradanti al fine di punirlo per una presunta infrazione amministrativa, durante la sua detenzione nel carcere municipale di Playa del Carmen».
E come ha scritto il giudice Mariano nelle motivazioni della sentenza di primo grado: «Che Simone sia stato sottoposto ad un trattamento disumano, degradante, qualificabile in termini di tortura, non vi è alcun dubbio nel giudizio di questa Corte di Assise. Il modo in cui fu lasciato deperire in una cella, senza assistenza alcuna, nonostante l’intervento della polizia locale, di un magistrato di turno e di una struttura carceraria sono condotte consistenti in atti di tortura».
Ricordiamo che il primo marzo del 2007, Simone Renda che si trovava in vacanza ed era in procinto di tornare in Italia, fu arrestato per un illecito amministrativo, mentre si trovava in un hotel messicano, a Playa del Carmen. E morì in cella, due giorni dopo, poiché non gli fu prestata alcuna assistenza sanitaria, nonostante le precarie condizioni di salute.
