Morte bancario in una cella messicana, confermate in Appello  le condanne per omicidio

Simone Renda, bancario leccese di 34 anni, morì il 3 marzo del 2007 in un carcere messicano a Playa del Carmen.

Si conclude con la conferma della condanna a complessivi 138 anni di reclusione, il processo di Appello, nei confronti dei sei imputati ritenuti responsabili, con le accuse di omicidio e tortura,  della morte di Simone Renda, bancario leccese di 34 anni, avvenuta il 3 marzo del 2007 in un carcere messicano a Playa del Carmen.

Il verdetto è stato emesso,  nella tarda  mattinata di oggi, dalla Corte d’Assise d’Appello di Lecce, a oltre sette anni di distanza dalla sentenza di primo grado.

Va detto che Cecilia Greco, madre di Simone e Gaetano Renda, erano parti civili nel processo, con l’avvocato Paola Balducci.

I giudici della Corte d’Assise d’Appello (Presidente Teresa Liuni) hanno accolto l’istanza dell’avvocato generale Giovanni Gagliotta.

Gli imputati sono accusati, a vario titolo ed in diversa misura, del reato di omicidio volontario. Inoltre, rispondono della violazione dell’articolo 1 della Convenzione ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli disumani e degradanti.

I legali dei sei imputati (tutti contumaci), difesi d’ufficio dagli avvocati: Nicola Leo, Valerio Centonze, Leonardo Maiorano, Alessandra Tomasi, potranno fare ricorso in Cassazione, una volta depositate le motivazioni entro 90 giorni.

Nel gennaio del 2017, la Corte d’Assise di Lecce (presidente Roberto Tanisi, a latere Maria Francesca Mariano e giudici popolari) aveva inflitto 138 anni di carcere a sei imputati. Nello specifico: 25 anni di reclusione per Arceno Parra Cano, e Pedro May Balam, direttore e vicedirettore del Carcere Municipale; stessa pena per il giudice qualificatore di turno  Hermilla Valero Gonzalez. E poi 21 anni per Najera Sanchez Enrique e Luis Alberto Arcos Landeros, le due guardie carcerarie di turno e Gomez Cruz responsabile dell’ufficio ricezione del carcere.
Assolti, invece, due agenti della polizia turistica del municipio di Playa del Carmen.

Inoltre, aveva disposto una provvisionale di 150 mila euro per Cecilia Greco e di 100mila euro in favore di Gaetano Renda, oltre al risarcimento in separata sede, che sono stati confermati in Appello.

E come scrisse  il giudice Mariano nelle motivazioni della sentenza di primo grado: “Che Simone sia stato sottoposto ad un trattamento disumano, degradante, qualificabile in termini di tortura, non vi è alcun dubbio nel giudizio di questa Corte di Assise. Il modo in cui fu lasciato deperire in una cella, senza assistenza alcuna, nonostante l’intervento della polizia locale, di un magistrato di turno e di una struttura carceraria sono condotte consistenti in atti di tortura”.

Ricordiamo che il primo marzo del 2007, Simone Renda che si trovava in vacanza, fu arrestato per un illecito amministrativo, mentre si trovava in un hotel messicano ed era in procinto di tornare in Italia. E morì in cella a Playa del Carmen, due giorni dopo, poiché non gli fu prestata alcuna assistenza sanitaria, nonostante le precarie condizioni di salute.

Adesso è arrivata una nuova sentenza di condanna per tutti gli imputati.

 

Le dichiarazioni

 

A margine della sentenza della Corte d’Appello, sono arrivate le dichiarazioni di Cecilia Greco, madre di Simone che ha affermato, comprensibilmente emozionata: “Si tratta di una grande vittoria, dedicata a Simone. Ci ho sempre creduto ed ho sempre lottato. Non era facile, a causa di tutti gli impedimenti possibili ed immaginabili, anche di tipo burocratico, che si sono susseguiti, ma che abbiamo  superato, grazie agli avvocati Pasquale Corleto e Fabio Valenti, ed al presidente della Corte d’Assise, Roberto Tanisi, nel processo di primo grado e grazie al contributo dell’avvocato Paola Balducci, nel processo di Appello. Anche la Procura di Lecce,  mi è sempre stata vicina. Ed il Salento,  basti pensare che a Lecce, c’è un parco pubblico ed a Merine, una via intitolata a mio figlio. Tutti volevano bene a Simone. Era un ragazzo buono e bravo”. Ed ha concluso: “Il processo di Appello l’ho vissuto con maggiore emozione, poiché c’era più tensione, ma la giustizia esiste. Basta crederci”.

L’avvocato Paola Balducci che ha assistito Cecilia Greco nel processo di Appello, ha esordito, affermando: “Giustizia é stata fatta“. Ed ha aggiunto: “Confermata la sentenza di primo grado di condanna degli imputati, autori dell’omicidio di Simone Renda, lasciato morire nel carcere di Playa del Carmen dopo essere stato ingiustamente arrestato. Un giovane ragazzo italiano, abbandonato senza cure, senza interprete, senza difensore. Simone è stato lasciato in carcere senza che nessuno avvisasse la famiglia ed il consolato e nonostante necessitasse di un ricovero urgente per una grave patologia. Una madre che ha saputo della morte del figlio con una telefonata arrivata dopo giorni e dopo che nessuno le avesse permesso di raggiungere il figlio”.

Ed ha concluso: “Al termine della lettura del dispositivo ho stretto la madre in un lungo abbraccio. Una madre che dopo tanti, troppi anni ha visto la giustizia trionfare. Un processo difficile, pieno di ostacoli e di insidie. Una battaglia che ho condotto con tenacia, facendo valere il pieno rispetto dei diritti della madre e del fratello, parte civili, vincendo sull’assurdità di chi ha tentato di estrometterla dal processo. Mi auguro che Cecilia ritrovi la serenità che dopo tanti anni merita”.