Costringeva la moglie a portare il velo islamico e la picchiava quando era incinta. 30enne condannato a 5 anni

In una circostanza, inoltre, le avrebbe puntato un coltello alla pancia, dicendole: “ti uccido, uccido te e il tuo bambino”

Trattava la moglie come un oggetto, costringendola ad indossare il velo islamico come copricapo e la picchiava sotto effetto di droga ed alcol, quando era incinta, provocandole una minaccia di aborto.

Un 30enne di origine marocchine, ma residente in un paese del Basso Salento, è stato condannato alla pena di 5 anni di reclusione, con l’accusa di maltrattamenti in famiglia.

La sentenza è stata emessa dal giudice monocratico Maria Francesca Mariano. È stata disposta anche il risarcimento di 50mila euro, in favore della vittima, una 20enne di origini marocchine, ma nata e cresciuta in Italia. La ragazza si era costituita parte civile attraverso l’avvocato Anna Schiavano. Il vpo d’udienza aveva invocato la condanna a 2 anni.

L’imputato è assistito dall’avvocato Simone Viva che potrà presentare ricorso in Appello.

I fatti si sarebbero verificati fino al mese di novembre del 2019 in un paese del Basso Salento.

Come riferito dalla giovane donna, l’ex marito cercava di imporre gli usi e i costumi dell’estremismo islamico. Trattava la moglie come un oggetto, dicendole “le donne devono stare a casa” e costringendola in alcune occasioni ad indossare il velo come copricapo. Non solo, poiché la picchiava sotto effetto di droga ed alcol, con calci, schiaffi e pugni, quando era incinta, costringendola al ricovero in ospedale e provocandole una minaccia di aborto.

In una circostanza, inoltre, le puntava un coltello alla pancia e le diceva: “ti uccido, uccido te e il tuo bambino”. E poi, le faceva mancare i mezzi minimali di sussistenza e la umiliava in presenza di altre persone.

Inoltre, come sostenuto dalla donna, il suo ex marito avrebbe voluto il figlio per potere ottenere il permesso di soggiorno.

Nelle motivazioni contestuali della sentenza odierna, destinata a fare giurisprudenza, il giudice Mariano afferma: “Chi trasferisce la propria residenza in una paese estero con pretese di cittadinanza, magari per affrancarsi da condizioni originarie di povertà o persecuzione, deve sapere che dovrà rispettare la legge del popolo in arrivo e non potrà in nessun modo ipotizzare di comportarsi come le leggi, gli usi e le consuetudini dello Stato di origine consentivano, tantomeno per ragioni religiose in un luogo dove è riconosciuta la libertà di culto”. E aggiunge che anche: “L’imposizione del velo islamico è maltrattamento”.



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