Crisi di Governo, Mattarella respinge le dimissioni di Draghi. Agli sgoccioli la Legislatura più pazza del mondo

Sembra essere arrivata al capolinea la XVIII legislatura. Il M5S non vota la fiducia al DL Aiuti e il premier prima sale al Colle e poi annuncia le dimissioni nel Cdm. Il Capo dello Stato, però, le respinge.

Mario Draghi si dimette al termine di una giornata di follia politica ma il Presidente della Repubblica respinge le dimissioni e rimanda il premier alle Camere per un nuovo percorso istituzionale. Quale? Lo vedremo nei prossimi giorni. Di certo in Italia si apre l’ennesima crisi di governo. Il M5S non vota la fiducia sul Dl ‘Aiuti‘ (comunque approvato in Senato con 172 voti a favore) e il Presidente del Consiglio prima sale al Colle da Sergio Mattarella e poi comunica le dimissioni nel Consiglio dei Ministri convocato. Il Capo dello Stato prende quelle dimissioni e le rimanda al mittente chiedendogli una verifica parlamentare. Quando pensavamo di averle viste tutte, ma proprio tutte, in questa XVIII Legislatura, iniziata nel marzo 2018, quella che gli analisti hanno definito ‘la legislatura più pazza del mondo’, ci accorgiamo che alle sorprese (belle o brutte…fate voi!) non c’è fine.

In un colpo ci giochiamo anche Mario Draghi, quello che era stato ritenuto ‘il migliore’ tra gli Italiani. La politica si divora anche lui che finisce per essere dipinto come un pugile suonato all’angolo…Lui che, da banchiere centrale, con quel suo ‘whatever it takes‘ aveva fermato la speculazione contro l’Euro e aveva difeso i titoli di Stato dei Paesi più deboli del Vecchio Continente evitando capitomboli di bilancio sulla pelle dei cittadini. Roba da non crederci…Lo mandano al tappeto il Movimento Cinque Stelle e il suo leader, Giuseppe Conte, quel Movimento che ha segnato tutte le fasi di questa Legislatura dopo il boom elettorale e che nei sondaggi è dato ai minimi storici. Quel Movimento che nel 2018 aveva esordito nei palazzi che contano chiedendo l’impeachment di Mattarella che non voleva dare l’incarico al premier indicato dai pentastellati e dalla Lega e che aveva inventato la ‘carta Cottarelli‘ pur di non arrendersi al nuovo che avanzava.

Da quella richiesta di impeachment in poi ne abbiamo viste tante. Abbiamo visto un governo, il Conte I, nato dal contratto tra due forze che in campagna elettorale si erano dette agli antipodi e si erano insultate pure: la Lega di Matteo Salvini e il M5S di Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Da quel governo erano arrivati provvedimenti populisti e popolari (Quota 100 e Reddito di Cittadinanza su tutti) che avevano messo in perfetta sintonia la nuova classe politica e l’elettorato. L’applauso scrosciante a Salvini e Di Maio a Genova, in occasione dei funerali delle vittime del Ponte Morandi, sembrava sancire la nascita di un patto politico tra società e Palazzo. Poi il baratro. Salvini vuole monetizzare il consenso crescente della Lega – materializzatosi nelle Elezioni Europee – a danno dei Cinquestelle e al ‘Papeete’, tra un mojito e l’altro, chiede la testa di Conte. Ma guai a sottovalutare l‘avvocato del popolo che quanto ad astuzia sembra non essere secondo a nessuno; con una manovra clamorosa, Conte e i Cinquestelle lasciano la Lega all’opposizione e abbracciano il Pd di Zingaretti (i ‘dem’ erano gli sconfitti delle elezioni indicati dal M5S come il ‘partito di Bibbiano’). In maggioranza anche l’odiato Matteo Renzi.

Parte così il Conte II che attraverserà l’annus horribilis della pandemia con le dirette facebook organizzate da Rocco Casalino. Ma Conte si dimostrerà politico abile, battendo i pugni sul tavolo in Europa, perfino con Angela Merkel, e riuscendo a portare in Italia i soldi del Recovery Fund. Un parente lontano dal vaso di coccio tra i vasi di ferro Di Maio e Salvini dei primi tempi. Acquisisce esperienza e autonomia, doti che pagherà sull’altare della politica italiana.

Già, perchè il Senatore di Rignano è un altro con il pelo sullo stomaco. Nel 2021 proprio Renzi fa cadere Conte – dopo averlo fatto nascere – ritirando la delegazione ministeriale (all’interno della quale c’è anche la salentina Teresa Bellanova). Conte le prova tutte per varare il Conte III, vuol far fare a Renzi la fine dell’altro Matteo, quello del Papeete. Chiede la fiducia a tutti, ma proprio tutti pur di restare in sella. Si rivolge a Lady Mastella e la senatrice Lonardo gli dice sì. Chiede la fiducia persino a Maria Rosaria Rossi, la segretaria di Silvio Berlusconi. E la segretaria di Berlusconi, in guerra con la famiglia del Capo e fatta fuori dal Cerchio Magico di Arcore, gli dice sì. Minaccia tutti: ‘O si vara il Conte Ter o si va ad elezioni’. Ma Mattarella se ne inventa un’altra. Chiama Mario Draghi, ex presidente della Bce, considerato il migliore degli Italiani, l’unico in grado di pacificare gli animi e rassicurare le Cancellerie di mezza Europa. Nessun ritorno alle urne, Conte a casa e Mario Draghi a Palazzo Chigi.

Nel Governo di unità nazionale entrano tutti, ma proprio tutti: da Speranza a Salvini. Fuori solo Giorgia Meloni, che intanto ingrassa di consensi. I Cinquestelle? Dentro anche loro, con mal di pancia vari. Draghi affronta il piano vaccinale, definisce il Pnrr e si trova invischiato nell’orrenda guerra tra Russia e Ucraina. Ma i malumori nei grillini crescono. Conte si accorge che stando in maggioranza il suo partito perderà sempre più consensi e tira la corda anche dopo la scissione di Di Maio. Draghi incassa e sale al Colle: ‘Senza i Cinquestelle non ci sarà un Draghi – bis’. Meloni e Salvini chiedono il voto. Berlusconi nicchia. Letta, Renzi e Di Maio preferirebbero un esecutivo di continuità senza il Movimento. Parte il toto nomi per la fase di traghettamento alle elezioni: Amato e Franco sono in pole position e scaldano i motori. Subito però arriva una velina dal Quirinale: ‘Mario Draghi sarà l’ultimo presidente della Legislatura’. 

Seguono ore importanti, tra decisioni e smentite. Poteva accadere tutto e il suo contrario. In piena estate e in piena guerra, recrudescenza del covid a parte (con organizzazione della IV dose inclusa). Del resto ‘siamo Italiani’, tutto può succedere. Anche che gli Italiani stessi voltino le spalle. E’ finito l’amore tra Ilary e Francesco, a chi vuoi che importi l’ennesima crisi di governo? E di risata in risata si assisteva alla scena di esponenti governativi del M5S che non votavano la fiducia a se stessi e al loro Governo e poi, finite le procedure, salivano sulle auto blu e ritornavano ai loro Ministeri di provenienza. Come se nulla fosse. Così, tanto per ridere…

Vedete, resterà!’, dicevano in tanti. È uomo delle istituzioni, resisterà, resterà, ingoierà il rospo.

Invece Draghi si dimette, non resiste e non resta. ‘Non ci sono le condizioni per proseguire’, sbatte la porta e se va. La crisi è aperta. Il premier, l’ex premier, parlerà mercoledì prossimo. Volevano cucinarlo a fuoco lento e lui spegne la cucina. Adesso tocca ai partiti decidere cosa fare. Andare al voto o inventarsi l’ennesima formula per continuare fino alla prossima primavera del 2023.

Mattarella, però, non si rassegna. Ricevute le dimissioni del presidente del Consiglio le rimanda al mittente. Gli chiede di riprovare l’esistenza di una maggioranza in Parlamento, nuova o vecchia che sia. Un modo per non far votare? Un modo per provare a far tornare la saggezza a chi l’ha persa? Più semplicemente un modo per rispettare la Carta Costituzionale. Se c’è una maggioranza bisogna provare a dar un governo al Paese. Il cerino è acceso e brucia velocemente. Vedremo chi si scotterà le mani, speriamo non siano gli Italiani.