Torre dell’Orso, la Grotta di San Cristoforo mormora ancora le preghiere dei marinai

La Grotta di San Cristoforo, frequentata da marinai, naviganti e mercanti in epoche diverse, è un tesoro di inestimabile valore storico e culturale

Torre dell’Orso ha conquistato un posto nel cuore dei turisti per il suo mare, dalle mille tonalità di celeste, azzurro e blu e per i faraglioni, lo scorcio più immortalato dagli “stranieri” che diventa una cartolina da custodire gelosamente come ricordo della vacanza. Fu proprio la bellezza dell’insenatura a “stregare”, secondo un’antica leggenda, una fanciulla dalla bellezza ineguagliabile che, incantata da quel panorama, si tuffò in quello specchio dalle tinte smaglianti. Vedendola in difficoltà, la sorella si gettò in acqua pensando di poterla salvare, invano.

Le due non riuscirono a tornare a riva, trovando la morte nel mare che era stato un richiamo seducente a cui è stato impossibile resistere e che, a tragedia avvenuta, cullò i corpi delle due giovani contadine. Gli dei che avevano assistito alla scena straziante, mossi dalla compassione, decisero di trasformare le due sorelle negli spuntoni di roccia che sembrano quasi abbracciarsi. Fu un pescatore, richiamato dalle urla, a dare quel nome alle grandi rocce vicine per l’eternità.

Non tutti sanno che, poco lontano, c’è un luogo altrettanto affascinante, la grotta di san Cristoforo, un tesoro di inestimabile valore storico e culturale, frequentato da marinai, naviganti e mercanti in epoche diverse. La cavità, bella a livello naturalistico, mormora preghiere. Sulle pareti si leggono antiche invocazioni o suppliche dei navigatori che cercavano di propiziarsi il favore delle divinità, affinché il viaggio potesse compiersi senza eventi nefasti, voti di naufraghi che sulla costa del Salento avevano trovato riparo.
Era e continua ad essere un santuario.

La grotta di San Cristoforo e la preghiera di “Felicior Hispanius”

Nella grotta-tempio di punta Matarico, scavata dall’uomo intorno al III o IV secolo a.C. non lontano dalle “Due Sorelle”, si possono leggere tantissimi graffiti in latino e greco. Testimonianze di fede, culti e religioni diverse. E non stupisce visto che era frequentata da marinai, navigatori e mercanti che si apprestavano ad attraversare il canale d’Otranto. Al III sec. a. C. risale l’iscrizione “Felicior ispanus petit ad deo uti se tute e(t) timori si(ne) os ten(eat) vadi” (“Felicior Hispanus chiede a dio di poter attraversare, in tutta sicurezza e senza alcun timore, la bocca dello stretto”).

Con l’avvento del Cristianesimo fu dedicata al Santo “traghettatore”, protettore dei pellegrini e dei viaggiatori. Così sulle pareti che avevano ospitato invocazioni a divinità antiche non meglio identificate (alcune fanno riferimento ai dioscuri Castore e Polluce, figli gemelli di Zeus e Leda. Condannati fin dalla nascita a dividersi tra l’Ade e l’Olimpo, prima di essere incastonati nel firmamento dal padre degli dei, ricevettero come dono, da zio Poseidone, il potere di dominare i venti e il mare. Per questo erano venerati ovunque ci fosse un tratto da navigare), compaiono croci e un’imbarcazione a vela, una nave oneraria romana.

Non una scelta a caso. Nell’antichità si credeva che osservare l’immagine di San Cristoforo di buon mattino avrebbe garantito la sopravvivenza fino a sera delle stesso giorno. Per questo veniva raffigurato sugli edifici della città, dove era garantita una buona visibilità.

Ph. Visit Melendugno



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