Inchiesta per presunta corruzione, con il coinvolgimento di ex assessore regionale. Le decisioni del Riesame.

Il tribunale del Riesame ha disposto i domiciliari per l’imprenditore Alfredo Barone e l’ annullamento dei domiciliari per l’ingegnere Maurizio Laforgia, che è tornato in libertà. Infine, attenuazione della misura cautelare per l’imprenditore Marino Congedo.

Disposti i domiciliari per l’imprenditore Alfredo Barone (era in carcere). Ed annullamento dei domiciliari per l’ingegnere Maurizio Laforgia, che è tornato in libertà. Infine, attenuazione della misura cautelare per l’imprenditore Marino Congedo, dopo i tre arresti del 3 luglio scorso, per presunta corruzione. Parliamo dell’inchiesta tra Lecce e Bari, che ha coinvolto anche l’ex consigliere regionale Alessandro Delli Noci (indagato a piede libero).

Il tribunale del Riesame (presidente Elena Coppola, a latere Chiara Panico e Andrea Giannone), nella giornata di oggi, ha accolto parzialmente il ricorso della difesa ed ha disposto la misura cautelare dei domiciliari per l’imprenditoreAlfredo Barone, 69 anni, di Biella (ex sindaco di Parabita). L’indagato è difeso dall’avvocato Francesco Galluccio Mezio.

Invece, per Maurizio Laforgia, 52enne di Bari, definito dalla Procura, “faccendiere-lobbista”, il Riesame ha accolto il ricorso degli avvocati Michele Laforgia e Viola Messa ed ha annullato i domiciliari con braccialetto elettronico. Infine, per l’imprenditore Marino Congedo, 82 anni, di Galatina, sottoposto alla stessa misura cautelare di Laforgia, i giudici del Riesame hanno confermato i domiciliari, ma senza braccialetto elettronico. Il ricorso era stato presentato dagli avvocati Francesco Galluccio Mezio e Ladislao Massari, solo in relazione alla gravità indiziaria.

Il collegio difensivo aveva impugnato l’ordinanza del gip Angelo Zizzari che aveva portato a tre arresti ed a quattro misura interdittive.

Va detto che nel corso dell’udienza di Riesame, i pm Alessandro Prontera e Massimiliano Carducci, avevano presentato una modifica dell’accusa provvisoria di corruzione, da impropria a propria che si configura quando il pubblico ufficiale riceve indebitamente denaro o altra utilità per compiere omettere o ritardare un atto contrario ai doveri d’ufficio.. La modifica presentata in sede di Riesame dalla Procura di Lecce, riguarda il capo di accusa, in cui si ipotizzano anche gli interventi di Delli Noci per ottenere l’accoglimento dei progetti presentati dagli imprenditori.

Gli indagati rispondono a vario titolo delle accuse di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa e frode di finanziamenti pubblici.

Ricordiamo che il 10 e 11 giugno si sono svolti gli interrogatori preventivi che hanno riguardato 11 persone, nel corso dei quali, gli indagati si sono difesi dalle accuse.

Secondo la Procura,  tra gli obiettivi dell’associazione, vi erano il consolidamento e l’incremento del potere economico imprenditoriale nell’ambito dell’edilizia residenziale ed il condizionamento dell’azione amministrativa dei comuni di Lecce, Surbo e Gallipoli e della Regione Puglia. Tra i progetti finiti sotto la lente della Procura compaiono quelli co-finanziati dalla Regione Puglia, nell’ambito del “Pia Turismo”,  come “Stimmatine” e “Santa Lucia”.

Invece, nei confronti di Delli Noci (per il quale la Procura aveva chiesto i domiciliari), il gip non ha riconosciuto la sussistenza delle esigenze cautelari e non ha disposto alcuna misura. Va detto, che dopo la richiesta di arresto, Delli Noci aveva presentato le dimissioni da assessore regionale allo Sviluppo Economico e da consigliere regionale.

La nota dei legali di Michele Laforgia

“Bene ha fatto l’ANM distrettuale di Lecce a richiamare le ragioni di opportunità e prudenza che suggeriscono di astenersi dall’esprimere giudizi sommari prima della conclusione delle indagini e senza conoscere le motivazioni dell’annullamento di un provvedimento cautelare. Siamo talmente d’accordo con questo principio dal non aver detto una sola parola nè prima, nè durante, nè dopo il ricorso al Tribunale del Riesame. Ad oggi, infatti, sono note all’opinione pubblica solo le argomentazioni dell’accusa e del GIP – e non certo per iniziativa dei difensori – mentre sono rimaste rigorosamente riservate sia le dichiarazioni rese dall’indagato nel corso dell’interrogatorio preventivo, sia gli articolati rilievi da noi proposti al Tribunale del Riesame”.

E continua la nota “Di quanto è avvenuto in camera di consiglio non abbiamo infatti mai fatto menzione agli organi di stampa, pur essendo ovviamente interessati a far conoscere le ragioni della difesa a fronte del clamore mediatico suscitato dall’inchiesta e dal grave provvedimento restrittivo adottato nei confronti di Maurizio Laforgia. Lo abbiamo fatto perché eravamo e siamo convinti che i processi si debbano celebrare nelle aule di giustizia soprattutto in fase cautelare – che, com’è noto, non è pubblica – e nonostante i commenti investano direttamente la posizione del nostro assistito: che è il solo ad aver impugnato il provvedimento anche per la insussistenza degli indizi e l’unico indagato nei confronti del quale è stato integralmente annullato. Per questo abbiamo evitato anche di commentare l’indiscrezione relativa al presunto aggravamento delle accuse nei confronti dell’indagato nel corso dell’udienza camerale, trapelata dopo che il collegio aveva riservato la decisione e prima che assumesse le proprie determinazioni. Indiscrezione che, tuttavia, non sembra aver suscitato particolari reazioni, così come non ha destato alcuno stupore la pubblicazione nelle settimane passate di una selezione di messaggi, di stralci di conversazioni e di singole frasi estrapolate dagli atti di indagine in aperta e reiterata violazione della presunzione di innocenza. 

I legali concludono: “Opportunità e prudenza, in un processo penale, sono regole a tutela di tutti. Persino degli indagati, non colpevoli sino a sentenza definitiva, e dei loro difensori”.