Inchiesta “Hydruntiade”, il Riesame respinge il ricorso della difesa: i fratelli Cariddi restano in carcere

I legali dei due indagati avevano impugnato il provvedimento del Gip, che aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare in carcere con i domiciliari

I fratelli Cariddi restano in carcere, dopo l’arresto del 12 settembre scorso, nell’ambito dell’inchiesta “Hydruntiade”. Il Tribunale del Riesame (presidente Carlo Cazzella, a latere Antonio Gatto e Giovanni Gallo) ha rigettato l’Appello della difesa per Luciano Cariddi, “primo cittadino” fino al 2017, difeso dagli avvocati Viola Messa e Michele Laforgia, e per Pierpaolo Cariddi, ex sindaco di Otranto, assistito dagli avvocati Gianluca D’Oria ed Alessandro Dello Russo.

I legali dei due indagati avevano impugnato il provvedimento del gip Cinzia Vergine, che aveva respinto l’istanza della difesa di sostituzione della misura cautelare in carcere con i domiciliari. Secondo il giudice, non sarebbero venute meno le esigenze cautelari e i due Cariddi non avrebbero ammesso alcun addebito nel corso dell’interrogatorio in carcere dinanzi ai pm.

La difesa ritiene, invece, oramai insussistente il rischio di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio anche alla luce del tempo trascorso dall’arresto dei due fratelli. Non solo, poiché ad Otranto non vi è più il precedente sistema di relazioni, visto che si è insediato il commissario prefettizio, dopo le dimissioni di Pierpaolo Cariddi e vi è stato un mutamento nell’organico dell’ufficio tecnico. Inoltre, le pratiche edilizie dell’ingegner Cariddi sono state dichiarate improcedibili.

Infine, riguardo i presunti interressi che ruotavano intorno al Twiga, la difesa ha sottolineato come il progetto sia stato abbandonato, poiché la società Cerra ha presentato richiesta di concordato preventivo. Ora si attendono le motivazioni del Riesame ed una volta che verranno depositate, sarà presentato ricorso in Cassazione.

Nelle settimane scorse, i fratelli Cariddi hanno riferito la loro “verità” dinanzi ai pm. Si è trattato di un interrogatorio fiume durato complessivamente oltre sei ore. Dinanzi al procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone ed al sostituto procuratore Giorgia Villa è stato anzitutto ascoltato Luciano Cariddi. Subito dopo è stata la volta di Pierpaolo Cariddi.

Le accuse

I due rispondono di associazione a delinquere (con altri indagati), corruzione per l’esercizio della funzione e per un atto contrario ai doveri d’ufficio, falso ideologico.

Nel corso delle indagini sarebbe emerso un “sistema Cariddi” per affidamenti di lavori anche attraverso concessioni comunali artefatte, in cambio del sostegno elettorale da parte di imprenditori amici e facendo ricorso alle minacce nei confronti di pubblici ufficiali.

Il metodo sarebbe stato portato avanti da Luciano Cariddi insieme al fratello Pierpaolo. E quest’ultimo sostituiva spesso il fratello negli incontri elettorali organizzati per le elezioni politiche del 2018 (Luciano Cariddi era candidato al Senato). Tali appuntamenti venivano messi a punto dagli imprenditori “amici”, che garantivano anche il supporto economico alla campagna elettorale. Ed a tal proposito l’ingegnere Pierpaolo Cariddi, ritiene la Procura, si impegnava a soddisfare i loro interessi e riceveva incarichi di progettazione, che solo apparentemente venivano attribuiti ai suoi collaboratori.



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