Inquinamento ambientale e odori nauseabondi nella discarica di Cavalino? Tre persone sotto processo

Il gup Marcello Rizzo, al termine dell’udienza preliminare, ha invece prosciolto il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione.

Tre persone finiscono sotto processo per una serie di irregolarità ambientali relative alla discarica di Cavalino, in località Masseria Guarini. Il gup Marcello Rizzo, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio: Antonio Saracino, 57enne di Lecce, in qualità di Direttore Operativo e Referente IPPC della piattaforma di trattamento di rifiuti e discarica (in fase di post-gestione); Gino Montinaro, 61enne di Campi Salentina, Presidente del Consiglio di Amministrazione della società “Ambiente e sviluppo s.c.a.r.l” che gestisce la discarica; Franco Mazzotta, 71enne leccese, in qualità di chimico consulente del gestore dell’impianto.

Rispondono delle ipotesi di reato di inquinamento ambientale, getto pericoloso di cose e attività di gestione di rifiuti non autorizzata.

I tre imputati dovranno presentarsi il 23 novembre, dinanzi al giudice monocratico Bianca Todaro, per la prima udienza. Sono difesi dagli avvocati Antonella Corvaglia, Fritz Massa, Stefano Chiriatti che potranno dimostrare l’estraneità alle accuse, nel corso del dibattimento.

Invece, il Comune di Cavallino, assistito dall’avvocato Flavio Santoro, si è costituito parte civile.

Il gup ha invece prosciolto Carlo Palumbo, 51enne di Lecce, Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione, difeso dall’avvocato Gabriella Mastrolia.

Secondo l’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto, Elsa Valeria Mignone, i tre imputati, a partire dal gennaio del 2015, avrebbero effettuato attività di recupero di sostanze inorganiche, in assenza di autorizzazione. Non solo: “poiché sversavano… rilevantissimi quantitativi di rifiuti su piazzali, aree e box scoperti, tenuti in esercizio con gravi carenza strutturali”.

Viene contestato il deterioramento delle acque sotterranee, mediante inflitrazioni di percolato nel sottosuolo e il superamento costante della soglia di contaminazione dei parametri di azoto, manganese e nichel.
Infine, avrebbero comunicato con quattro anni di ritardo, al Comune ed alla Provincia di competenza, la potenziale contaminazione delle acque di falda e ad indagini già avviate. E conclude, la dr.ssa Mignone: “provocando con ciò odori nauseabondi atti a molestare un elevato numero di persone.“.