Si parla anche di due delusioni amorose, nel verbale di 70 pagine dell’interrogatorio, tenutosi nel carcere di Borgo San Nicola, dell’omicida reo confesso di Eleonora Manta e Daniele De Santis.
Davanti al gip Michele Toriello, al pm Maria Consolata Moschettini ed alla presenza dei due avvocati difensori, Andrea Starace e Giovanni Bellisario, il 21enne di Casarano Antonio De Marco, studente di scienze infermieristiche, si è soffermato su due episodi di amore non corrisposto.
Di fronte alle domande del gip Toriello che gli chiedeva se avesse subito qualche delusione amorosa, De Marco ha risposto in maniera affermativa ed ha specificato: “Sì, un paio di mesi fa qui a Lecce. Una compagna di corso. Non ci sono uscito, ci frequentavamo nell’ambito universitario, ma lei mi ha detto che dovevano restare amici”.
Nella parte finale dell’interrogatorio, il pm Moschettini si è soffermata su quest’aspetto e il 21enne ha parlato di un’altra delusione d’amore, avvenuta alcuni anni prima, quando era studente universitario di biologia. La ragazza, una liceale di qualche anno più giovane di lui, gli avrebbe detto che “stava pensando ad un altro” e lui ci sarebbe rimasto un po’ male.
Ad ogni modo, il ragazzo non ha saputo dire se questi amori respinti possano avere scatenato in lui un proposito omicidiario. E nel corso dell’interrogatorio, De Marco ha sostenuto: “Non so neanche io che cosa mi ha spinto a fare quello che ho fatto”. Anche se, parlando dei motivi della scritta sul muro (mai realizzata) da lasciare dopo l’omicidio di via Montello e che aveva annotato su uno dei cinque bigliettini ritrovati dagli inquirenti, ha riferito, “Forse un messaggio contro la società, magari un pensiero che mi veniva in mente”.
E sul movente nebuloso del duplice omicidio, ha affermato “Forse un gesto eclatante…. Forse fare dolore agli altri. E loro erano felici, sembravano felici”
De Marco, inoltre, ha confermato di avere cominciato a coltivare l’idea dell’omicidio già nel mese di agosto, quando viveva ancora nell’appartamento di via Montello. Infine, si è soffermato sul sentirsi assente e distaccato, anche sul posto di lavoro, in ospedale “Sì, alle volte era come se lavorassi un po’ a vuoto, nel senso… non lo so, andavo lì, magari attaccavo la flebo, parlavo con le altre persone…“