
30 settembre 1975. Quel giorno andò in scena uno dei fatti di cronaca che segnarono la coscienza degli italiani, il massacro del Circeo, dal nome della villa a più di 100 chilometri da Roma che ha fatto da teatro ad una violenza inaudita. Due ragazze furono torturate, picchiate e violentate per 36 ore da tre ragazzi ‘per bene’. Rosaria Lopez morì a 19 anni. Donatella Colasanti, di 17, riuscì a salvarsi fingendosi morta. A trovarla, per caso, fu un metronotte richiamato dai lamenti che provenivano dal bagagliaio dell’auto, parcheggiata in via Pola, dove era stata rinchiusa con il cadavere dell’amica. “Cigno, cigno… c’è un gatto che miagola dentro una 127” disse ai Carabinieri.
Dopo il racconto dell’orrore, gli aggressori non sono rimasti a lungo senza nome. Il volto di era quello di tre “bravi ragazzi” dei Parioli, pischelli di buona famiglia che avevano frequentato le scuole migliori. Giovanni “Gianni” Guido, studiava architettura, Angelo Izzo frequentava medicina, Andrea Ghira era il figlio di un ex campione olimpico di pallanuoto e noto imprenditore romano. I primi due furono arrestati. Ghira, grazie ad una soffiata, riuscì a fuggire. Non ha mai passato un solo giorno in carcere per il delitto del Circeo.
La notte nella villa degli orrori
Rosaria e Donatella pensavano di andare ad una festa a Lavinio, frazione di Anzio. Era solo una scusa, una trappola, ma quando lo hanno capito era troppo tardi. Quella notte le due amiche della Montagnola si sono ritrovate in una Villa di proprietà della famiglia di Andrea. Quando la Fiat 127 arrivò al Circeo, Ghira era lì, sulla porta della lussuosa casa. L’incubo cominciò quando Izzo tirò fuori una pistola. Le due ragazze di borgata furono chiuse in un bagno, spogliate, private di qualunque ‘particolare’ (vestiti, anelli, documenti) che potesse renderle identificabili, torturate, drogate e stuprate. «Sapevano benissimo cosa stavano facendo. Era tutto preparato. I sacchi in cui ci avrebbero messe, da morte, ce li hanno mostrati subito» ha raccontato Donatella che ricorda ancora il sorriso malvagio di Angelo, quando ripeteva «“Da qui non uscirete vive”».
Le violenze andarono avanti per 36 ore. Un giorno e una notte. Fino all’ultimo respiro. Rosaria Lopez fu uccisa, annegata nella vasca da bagno piena d’acqua. Ogni volta che le concedevano di respirare, sollevandole la testa, le chiedevano se fosse disposta a concedersi. Ha risposto sempre di no. Quando il suo cuore ha smesso di battere anche il destino dell’amica era segnato.
Donatella si salva fingendosi morta
La stessa sorte sarebbe dovuta toccare a Donatella, legata con una cinta di cuoio al collo e trascinata sul pavimento per strangolarla. L’unica, minuscola, speranza era fingersi morta. Così fece, quando venne colpita con una spranga non reagì, rimase immobile.
A quel punto, credendole morte, i tre chiusero le ragazze in dei sacchi di plastica e le gettarono nel bagagliaio della 127 bianca. Ridevano e scherzavano durante il tragitto fino a via Pola, dove lasciarono l’auto per andare in un ristorante poco lontano. Stanchi e affamati, avevano decidono di mangiare una pizza. Si sarebbero occupati dei cadaveri “a stomaco pieno”.
Fu allora che Donatella, in fin di vita, raccolse le ultime forze che le erano rimaste e iniziò a battere sul cofano. Un vigile notturno sentì dei lamenti. Pensò fosse un gatto che miagola, ma alla fine lanciò l’allarme. Il cofano fu forzato. Il medico legale accertò la morte di Rosaria Lopez per annegamento, Donatella Colasanti aveva numerose fratture, ferite e contusioni in tutto il corpo, il naso era rotto. Con un filo di voce era riuscita ad attirare l’attenzione, a trovare qualcuno che la portasse al sicuro. Con la stessa voce, disperata, continuò ad accusare i suoi carnefici.
Un processo storico per l’epoca
Gli aguzzini, tre bravi ragazzi della Roma bene, furono arrestati poche ore dopo. Di quel giorno resta l’immagine di Angelo Izzo che ride, che mostra orgoglioso le manette ai fotografi. Ghira non fu mai trovato. Grazie ad una soffiata, lasciò Roma. Al processo Donatella Colasanti raccontò tutto, senza mai abbassare la testa. Descrisse le violenze indicibili di quella notte al Circeo. La difesa cercò di distruggere la credibilità delle due ragazze, descritte come due amanti consenzienti. Nella sua arringa finale l’avvocato di Guido, Angelo Palmieri, disse: «Se le ragazze fossero rimaste accanto al focolare, dove era il loro posto, se non fossero uscite di notte, se non avessero accettato di andare a casa di quei ragazzi, non sarebbe accaduto nulla».
Quando i giudici lessero la sentenza sembrava di stare allo stadio. Izzo, Guido e Ghira in contumacia furono condannati all’ergastolo in primo grado.
Che fine hanno fatto gli assassini del Circeo?
Di Ghira non si seppe nulla per molti anni. Nel 1995 i carabinieri appostati davanti a una bisca clandestina a Roma fotografarono un uomo con una folta barba che camminava lungo la strada. Qualcuno giurò di aver riconosciuto in quel volto il mostro del Circeo. In realtà, sembra che sia morto un anno prima, nel 1994. Era suo, secondo l’esame del Dna, il cadavere trovato in un letto con una siringa infilata nel braccio.
Gianni Guido oggi è un uomo libero. Dopo il pentimento, la sua pena fu ridotta in appello a 30 anni. Nel 2009 ha finito di scontare la pena grazie a una riduzione di otto anni dovuta all’indulto. Vive a Roma.
Il nome di Angelo Izzo tornò ad occupare le prime pagine dei giornali. Il 25 aprile 2005 uccise Maria Carmela e Valentina, moglie e figlia di Giovanni Maiorano, un pentito della Sacra Corona Unita che aveva conosciuto dietro le sbarre. L’uomo aveva chiesto a Izzo di occuparsi della sua famiglia, di proteggere le due donne. Izzo le uccise. Maria Carmela fu soffocata con un sacchetto di plastica perché era diventata un’amante insistente e opprimente. Valentina era morta perché era una testimone scomoda. I cadaveri messi nei sacchi dell’immondizia, gettati in una fossa, ricoperti di calce bagnata e di terra. Altra storia terribile.
Donatella Colasanti è morta il 30 dicembre 2005 a Roma. In realtà la sua vita si è fermata quella notte d’autunno, per la ferocia consumata “per gioco” tra mura insospettabili.
La villa del Circeo rimase a lungo disabitata dopo il dissequestro da parte delle autorità giudiziarie. È stata venduta nel 2005.