Maxi truffa alle Poste di Parabita, il Pm chiede 4 anni e 6 mesi per una donna romana

Stefania di Matteo, 49 anni, di Palombara, piccolo comune alle porte di Roma, è accusata di riciclaggio nella maxi truffa, avente come epicentro l’ufficio postale di Parabita, ai danni di circa sedici persone in maggioranza anziani.

Una maxi truffa, avente come centro nevralgico l'ufficiopostale di Parabita. A farne le spesepiù di dieci persone, in maggioranza anziani, truffati e prosciugati dei propri risparmi.

È arrivata la richiesta di condanna del Pm, nel processo odierno celebratosi in abbreviato dinanzi al Gup Simona Panzera ai danni di Stefania Di Matteo, 49 anni, di Palombara, piccolo comune alle porte di Roma, difesa dall'avvocato Pietro Messina. Il sostituto procuratore Giovanni Gagliotta ha chiesto per la donna romana, una pena di quattro anni e sei mesi, con l'accusa di riciclaggio.

Il colossale raggiro ha avuto come "deus ex machina" Cosimo Prete, 55enne di Parabita. Quest'ultimo, già assessore comunale nelle vesti di responsabile del settore consulenze della filiale, avrebbe architettato il piano per svuotare il conto corrente della vittima designata, una donna di origini eritree, ma residente a Locri, in Calabria. Nella riuscita del piano truffaldino, egli si sarebbe avvalso della collaborazione di Assunta Silvestri, 46enne di Casavatore (in provincia di Napoli) e di Andrea Cesarini, 40 anni, di Roma.

Prete avrebbe gestito l'intera procedura, mentre gli altri due avrebbero contribuito a svuotare il libretto dell'ignara cliente. La prima, condannata a 4 anni nel luglio scorso per concorso in truffa aggravata, si sarebbe fatta intestare dal fratello, un libretto da circa 300mila euro, mentre Cesarini, oltre ad avere continui contatti con Prete, sarebbe coinvolto nell'acquisto di diverse auto, poi intestate a diversi beneficiari, tutti finiti sotto processo.

Nell'operazione sono coinvolte cinque persone accusate di riciclaggio: Marcolino Andriola, 48 anni, di Cellino San Marco; Pierluigi Anelli, 47 anni, di Roma; Luigi Cecere, 27 anni, di Casavatore (provincia di Napoli); Antonio Silvestri, 40 anni, di Casavatore. ed infine l'imputata dell'udienza di oggi, Stefania di Matteo.

Gli inquirenti hanno ricostruito la truffa nei minimi dettagli. Prete avrebbe sostanzialmente creato una sorta di copia del libretto, cointestato alla ignara vittima e ad una delle indagate a piede libero. Qui era confluita parte dei soldi, precisamente 437mila euro; la parte più sostanziosa era stata trasformata in otto buoni fruttiferi postali del valore di 100mila euro ciascuno; mentre altri 52mila euro erano stati consegnati, sotto forma di vaglia, a un autosalone di Lecce. Poche ore dopo aver trasferito in maniera truffaldina i soldi, infatti, gli indagati avrebbero fatto il primo acquisto: una Bmw serie 1, acquistata la sera stessa. Altre auto, nel corso dei mesi successivi,sarebbero poi finite nella disponibilità degli stessi.

A scoprire la truffa un controllo interno di Poste Italiane. L’operazione di “svuotamento” del libretto della donna eritrea dell’intera somma aveva insospettitoi responsabili dell’ufficio Antifrode. Dopo aver contattato la donna, i responsabili dell’Ente avevano capito che si trattava di un’operazione fraudolenta, avvertendo la Procura. Le indagini coordinate dal Pubblico Ministero Giovanni Gagliotta e condotte dalla sezione di polizia giudiziaria avevano, tra le altre cose stabilito che mai la vittima era stata a Parabita, e dunque mai avrebbe potuto firmare i documenti relativi al trasferimento dei soldi su un altro libretto.

La maxi truffa, avente come centro nevralgico il piccolo comune del basso Salento, Parabita appunto, avrebbe coinvolto ben sedici persone, poi costituitisi parte civile.
 
Il nutrito collegio difensivo è composto da Walter Gravante, Luigina Fiorenza, Luca Laterza, Francesca Conte, Giuseppe Grasso, Alessandra Greco e Giuseppe Gambellone, che hanno chiesto un risarcimento danni di oltre un milione e mezzo di euro, (corrispondente più o meno a quella sottratta con le illecite operazioni).



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