Maxi truffa alle Poste di Parabita: condannata a 4 anni una donna campana

Assunta Silvestri, era accusata di concorso in una truffa per 1milione e 690 mila euro. Tra gli artefici, oltre alla 46enne di Casavatore (Napoli), anche Andrea Cesarini, di Roma; tutti avrebbero aiutato Cosimo Prete, 55enne di Parabita, a svuotare il conto di una donna.

Si è concluso con la condanna a 4 anni, il processo in abbreviato celebrato dinanzi al Gup Simona Panzera ai danni della donna campana, Assunta Silvestri, accusata di concorso in truffa aggravata,per una somma di un milione e 690 mila euro, avvenuta presso l'ufficio postale di Parabita. La maxi truffa ha avuto tra gli artefici la 46enne di Casavatore (in provincia di Napoli), che assieme ad Andrea Cesarini, 40 anni, di Roma, avrebbe aiutato il "deus ex machina" del piano truffaldino, Cosimo Prete, il 55enne di Parabita. Quest'ultimo, già assessore comunale, nelle vesti di responsabile del settore consulenze della filiale, avrebbe architettato il piano per svuotare il conto corrente di una donna di origini eritree, ma residente a Locri, in Calabria,

Nell'operazione sono coinvolte altre cinque persone accusate di riciclaggio: Marcolino Andriola, 48 anni, di Cellino San Marco; Pierluigi Anelli, 47 anni, di Roma; Luigi Cecere, 27 anni, di Casavatore (provincia di Napoli); Stefania di Matteo, 49 anni, di Roma e Antonio Silvestri, 40 anni, di Casavatore.

Prete avrebbe gestito l'intera procedura, mentre la Silvestri e Cesarini avrebbero contribuito a svuotare il libretto dell'ignara cliente. La prima, condannata quest'oggi, si sarebbe fatta intestare dal fratello un libretto da circa 300mila euro, mentre Cesarini, oltre ad avere continui contatti con Prete, sarebbe coinvolto nell'acquisto di diverse auto, poi intestate a diversi beneficiari, tutti finiti sotto processo, come detto in precedenza.

La principale vittima della truffa, una donna eritrea residente in Calabria, alla quale fu sottratto più di un milione di euro. Prete avrebbe sostanzialmente creato una sorta di copia del libretto, cointestato alla ignara vittima e a una delle indagate a piede libero. Qui era confluita parte dei soldi, precisamente 437mila euro; la parte più sostanziosa era stata trasformata in otto buoni fruttiferi postali del valore di 100mila euro ciascuno; mentre altri 52mila euro erano stati consegnati, sotto forma di vaglia, a un autosalone di Lecce. Poche ore dopo aver trasferito in maniera truffaldina i soldi, infatti, gli indagati avrebbero fatto il primo acquisto: una Bmw serie 1, acquistata la sera stessa. Altre auto, nel corso dei mesi successivi, sarebbero poi finite nella disponibilità degli indagati.

A scoprire la truffa un controllo interno di Poste Italiane. L’operazione di “svuotamento” del libretto della donna eritrea dell’intera somma aveva insospettitoi responsabili dell’ufficio Antifrode. Dopo aver contattato la donna, i responsabili dell’Ente hanno capito che si trattava di un’operazione fraudolenta, e hanno avvertito la Procura. Le indagini coordinate dal Pubblico Ministero Giovanni Gagliotta e condotte dalla sezione di polizia giudiziaria hanno, tra le altre cose stabilito che mai la vittima era stata a Parabita, e dunque mai avrebbe potuto firmare i documenti relativi al trasferimento dei soldi su un altro libretto.

La maxi truffa, avente come centro nevralgico, il piccolo comune del basso Salento avrebbe però mietuto altre vittime; più di dieci persone, in maggioranza anziani di Parabita sarebbero stati truffati e prosciugati dei propri risparmi. Ed in totale sono state sedici le persone, vittime delle truffe, a costituirsi parte civile. I loro avvocati Walter Gravante, Luigina Fiorenza, Luca Laterza, Francesca Conte, Giuseppe Grasso, Alessandra Greco e Giuseppe Gambellone, hanno chiesto un risarcimento danni di oltre un milione e mezzo di euro, (corrispondente più o meno a quella sottratta con le illecite operazioni).

Il processo, iniziato il 6 maggio dinanzi ai giudici della seconda sezione penale che si sta  celebrando con rito ordinario, vede dunque tra i protagonisti Cosimo Prete, accusato di truffa aggravata e falsità materiale.