Torna libero dopo cinque mesi l’ex assessore Andrea Guido, finito ai domiciliari a seguito l’arresto nell’ambito della maxi inchiesta che ha permesso di smantellare il clan camorristico Moccia. Il provvedimento porta la firma del gip del Tribunale di Napoli, Maria Luisa Miranda, che ha accolto l’istanza di revoca della misura cautelare presentata dai legali di Guido, gli avvocati Ivan Feola e Andrea Sambati, dopo accurate indagini difensive. Ed a giorni Guido presenterà un’istanza in Prefettura per tornare a rivestire la carica di consigliere comunale.
La difesa, intanto, ha già presentato ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame che nei mesi scorsi aveva confermato la misura degli arresti domiciliari. L’udienza camerale si svolgerà a metà ottobre.
Ricordiamo, inoltre, che il gip ha emesso il decreto di giudizio immediato, su richiesta della Procura, per Andrea Guido, ex assessore comunale leccese e per altri 46 imputati (non compare l’ex presidente del consiglio comunale di Bari, Pasquale Finocchio). Il processo si aprirà il 17 ottobre dinanzi ai giudici in composizione collegiale del tribunale di Napoli.
Guido, difeso dagli avvocati Ivan Feola e Andrea Sambati, potrà difendersi dalle accuse nel corso del dibattimento.
Sul banco degli imputati compare anche l’imprenditore Giuseppe D’Elia, 56enne di Novoli, difeso dall’avvocato Gabriele Valentini. Anche per lui, erano stati disposti i domiciliari, ma in seguito il gip ha accolto l’istanza della difesa, restituendogli la libertà.
Secondo l’accusa, per la sua attività di mediazione, D’Elia avrebbe ricevuto un orologio Rolex, alcuni occhiali e la somma di 500 euro.
Ritornando ad Andrea Guido, ricordiamo che, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, svoltosi dopo l’arresto, il 44enne leccese, ha risposto alle domande del gip e del pm di Napoli. E ha chiarito le modalità dell’unico incontro con i “mediatori” Mario Salierno, 45enne napoletano e Giuseppe D’Elia, 55enne di Novoli, avvenuto nel maggio del 2017 a Lecce.
Guido aveva fatto presente che era impossibile per lui (quando era assessore all’ambiente) dare l’assenso ad un accordo per fare ottenere il servizio di raccolta dell’olio di origine alimentare esausto alle imprese di Francesco Di Sarno (considerato il braccio economico del clan Moccia), in virtù del contratto con la Monteco.
L’ex assessore e consigliere comunale di opposizione nelle file di Fratelli d’Italia (sospeso dal partito a seguito dell’arresto) è accusato di corruzione con l’aggravante di aver agito per agevolare il clan camorristico. Secondo la Procura, tra l’aprile e l’agosto del 2017, avrebbe ricevuto 2.500 euro (come anticipo di 5mila euro), per favorire le imprese di Francesco Di Sarno.
Lo scopo dell’operazione sarebbe stato quello di escludere un’altra società che, in collaborazione con la Monteco, aveva gestito la raccolta di olio presso l’isola ecologica a Lecce.
