«Io sono sereno, ma due innocenti sono in carcere». Con queste parole Michele Misseri aveva commentato la sentenza della Corte di Cassazione che, qualche minuto prima, aveva confermato l’ergastolo per la figlia Sabrina e la moglie Cosima Serrano. Anche per il contadino di Avetrana, condannato a otto anni di reclusione per aver gettato il corpo della nipotina nel pozzo-cisterna in contrada Mosca dove è stato trovato il 6 ottobre del 2010, si erano aperte le porte del carcere di Taranto.
I carabinieri lo avevano prelevato dalla villetta in via Grazia Deledda, la stessa che lo zio Michele aveva trasformato in una specie di “cella” per punizione così come dichiarato in un’intervista andata in onda a Quarto Grado-la Domenica. Ma quel penitenziario dove la famiglia coinvolta nell’omicidio della piccola Sarah Scazzi si era ‘riunita’ sarebbe stata una sistemazione temporanea per Misseri.
Il trasferimento era nell’aria tant’è che il contadino di Avetrana aveva lasciato la casa circondariale ‘Carmelo Magli’ di Taranto per Borgo San Nicola, a Lecce, dove ha scontato il resto della pena da detenuto modello. Ha preso la licenza media, ha fatto volontariato raccogliendo abiti per chi non ha nulla e ha lavorato nella falegnameria, guadagnandosi la scarcerazione anticipata di 595 giorni.
Ha chiesto perdono Michele Misseri, ‘condannato’ anche dalle mille versioni raccontate dell’omicidio che gli hanno fatto perdere credibilità. Che cosa sia realmente accaduto quel maledetto pomeriggio di agosto è un segreto mai trapelato. Dal punto di vista giuridico, invece, la storia si è conclusa.
Anche a distanza di anni, lo zio Michè continua a urlare la sua colpevolezza. «Sono stato io», ripete convinto che la giustizia abbia fatto un errore. Tira in ballo, ancora, la storia del trattore che non partiva, come aveva fatto in una delle sue tante confessioni. Un mea culpa che non ha mai convinto.