Dovrà affrontare un processo penale l'infermiera della prima ambulanza che soccorse il consigliere comunale del Partito Democratico, Carlo Benincasa. Il gup Stefano Sernia ha rinviato a giudizio K. P. (queste le sue iniziali) che dovrà presentarsi il 26 ottobre per l'inizio del processo innanzi al giudice monocratico, Silvia Minerva della prima sezione penale. L'imputata è assistita dall'avvocato Massimiliano Petrachi.
Invece, sempre nell'udienza preliminare odierna vi è stato il proscioglimento da ogni accusa di una barelliera, difesa dall'avvocato Giuseppe De Luca. Ricordiamo che la volta scorsa, lo stesso gup Sernia ha disposto il non luogo a procedere per un medico, un infermiere ed un soccorritore del Fazzi che facevano parte della seconda ambulanza intervenuta la sera del 19 aprile 2011.
Soltanto in merito all'accusa di omicidio colposo, il gup ha disposto ulteriori indagini per una soccorritrice, un'infermiera della prima ambulanza (la cui posizione si è discussa questa mattina) ed un'operatrice del 118. Nello specifico, una perizia fonica su di un file audio, per capire chi fosse l'interlocutrice dell'operatrice telefonica (a sua volta indagata), il giorno della tragedia. Non solo, anche accertamenti su chi avesse impartito la disposizione di far stendere Benincasa, tra le due imputate (la soccorritrice e l'infermiera). Nella discussione dell'udienza scorsa, il pubblico ministero Maria Vallefuoco ha invece chiesto il proscioglimento dall'accusa per gli imputati, difesi tra gli altri dagli avvocati Ester Nemola e Matilde Macchitella. Inoltre, il giudice ha ritrasmesso gli atti al pm, "per iniziative di sua competenza", nei confronti dell'operatrice del 118, sempre in merito al reato di omicidio colposo.
La donna, secondo quanto risulta dall'ordinanza, non avrebbe comunicato, né alla prima né tantomeno alla seconda ambulanza, che l'uomo "avesse già patito in ben due occasioni di episodi di edema polmonare". L'operatrice non si sarebbe curata di chiedere alcun chiarimento circa il senso effettivo dell'espressione proferita dal figlio "non respira più". Nelle settimane scorse, il pubblico ministero Emilio Arnesano ha chiuso le indagini. Nei prossimi giorni, egli potrebbe chiedere il rinvio a giudizio della donna.
Erano inizialmente cinque le persone accusate di omicidio colposo e falso materiale ed ideologico per la morte dell'esponente del Partito Democratico, Carlo Benincasa, deceduto il 19 aprile 2011, all'età di 59 anni. Si trattava di un medico, due infermieri e due operatrici di soccorso del Vito Fazzi di Lecce, dopo l’imputazione coatta disposta nei loro confronti. La moglie ed il figlio del consigliere comunale si sono costituiti parte civile. I loro difensori, gli avvocati Stefano Prontera e Paolo Pepe invocarono a carico di ogni imputato un risarcimento di una somma non inferiore ai 2 milioni di euro, per ognuno dei famigliari. Inoltre, si è costituita parte civile l'Asl.
Inizialmente, il pubblico ministero Emilio Arnesano aveva chiesto l'archiviazione del procedimento. La procura riteneva che le condizioni di salute di Benincasa fossero ormai talmente gravi che anche un intervento più immediato o l’utilizzo di un defibrillatore, non avrebbero potuto evitare il decesso del consigliere comunale. L’indagine venne messa in moto con una querela depositata dalla moglie e dal figlio del politico. I famigliari evidenziarono nella denuncia, la mancanza di un corretto approccio terapeutico, in caso di edema polmonare acuto ed il mancato utilizzo del defibrillatore automatico. Benincasa, infatti, sarebbe stato adagiato in una posizione supina che avrebbe soltanto aggravato il suo stato di salute.
